Come la meditazione agisce sul nostro cervello

C’è un’espressione che si usa comunemente per indicare quando siamo troppo su di giri,  dobbiamo calmarci un po’, smettere di reagire continuamente: è darsi una regolata.

Oggi ho capito perchè. Sono stata ad un convegno in cui un neuroscienziato spiegava le basi neurologiche della meditazione zen spiegando perchè la meditazione procura benessere.

Perchè la meditazione fa stare bene?

Qualsiasi tipo di meditazione se praticata con costanza  ha proprietà di regolazione emotiva, di sviluppo di stati mentali di empatia e di compassione. Si tratta di proprietà deattivanti  del sistema di risposta agli stimoli.

La meditazione non ci fa diventare calmi e centrati, al contrario smette di farci sentire agitati. Ti senti mai come una mosca in un bicchiere? Ecco cosi. Ha una funzione deattivante su alcuni network celebrali, quelli più importanti.

Abbiamo bisogno di staccare…

La mediazione è considerato un fattore protettivo perchè è un regolatore emotivo che porta benefici a cascata su tutto l’organismo. E’ come un salvavita che entra in gioco staccando la spina proprio quando serve.

 

Quale tipo di meditazione è meglio fare?

Non importa che si tratti di yoga, zen o mindfulness, secondo evidenze scientifiche c’è una zona del nostro cervello, la corteccia cingolata posteriore che è collegata con il nostro “identificarci”, essere impigliati nel proprio io e prendere tutto personalmente.

Perchè ci preoccupiamo continuamente?

E’ come se ci preoccupassimo continuamente di quello che vorremmo, di quello che ci servirebbe, totalmente immersi nel nostro sè. Siamo tenuti in pugno dalle nostre percezioni: una specie di galera! (approfondisci qui: occuparsi è meglio che preoccuparsi)

Se poi cominci a chiederti cosa vuoi davvero scatta anche l’ansia procurata dal non capire cosa vogliamo perchè ci siamo allontanati troppo dal nostro intuito.  Abbiamo smesso di usare da troppo tempo il nostro naturale fiuto e ci siamo confusi a tal punto da non sapere più nulla.

Cosa ci manca?

Quello che crea quel comune senso di insoddisfazione e scontentezza è il continuo chiedersi: come sto adesso? C’è qualcosa di troppo fastidioso che non riesco a sopportare?
In realtà dovremmo imparare a districare la nostra attitudine ad essere sempre centrati su di sè e ad identificarci con tutto quello che ci capita.
Ci manca il piacere di goderci il momento presente senza avere un obiettivo, o senza fare qualcosa adesso per ottenere qualcosa in futuro. E’ come se fossimo sempre al lavoro.

Come funziona l’insoddisfazione?

E’ come se la nostra mente fosse costantemente sottoposta ad uno stress: lei cerca di prevedere il segnale sensoriale che sta per arrivare e vuole decodificarlo in anticipo, con l’obiettivo di minimizzare gli errori di previsione, selezionare il più velocemente possibile la causa della percezione in arrivo, fare ipotesi  e stimare l’attendibilità delle nostre previsioni. Una fatica bestiale ogni volta.

Odiamo sbagliarci e spesso nel dubbio preferiamo affidarci alle nostre credenze che finiscono per influenzare e a volte determinare le nostre percezioni, tutto pur di non trovarci difronte a delle sorprese, degli errori predittivi.

Siamo continuamente sulla soglia tra ordine e caos e amiamo moltissimo starci, perchè il principio entropico ci attrae ma d’altra parte siano naturalmente portati ad affidarci alla prevedibilità dell’ordine. La radice sanscrita di ordine è -rta, lo stesso di arte, ritmo, retto e corretto. E destreggiarci in questo ambito ci fa sentire al sicuro. In questo confine ci sono paradossi che non sappiamo spiegare e che ci attraggono ancor di più, siamo nel campo dell’intuizione.

Che cos’è l’intuizione?

Spesso ciò che facciamo ma non sappiamo spiegare rientra nel dominio dell’intuizione, se sapessimo etichettarla non sarebbe qualcosa che realizziamo con l’intuizione. Sentiamo che ci fa un gran bene non dico acchiapparla ma almeno contemplarla, nella sua fuggevolezza, impermanenza e impalpabilità.

La meditazione è un vero e proprio processo di avvicinamento all’intuizione, un addestramento a tenere la mente quieta, il pensiero centrato su qualcosa che scegli tu (il respiro) e non la mente (il chiacchiericcio infinito) mentre cerchiamo di sintonizzarci sul ritmo del qui ed ora, un ritmo tanto prevedibile quanto sfuggente.

Anche addestramento deriva dalla radice -rta ऋत

  • da  (radice sanscrita “muoversi”) e ar (radice indoeuropea di “modo appropriato”)
  • questo termine è legato, sempre per mezzo della radice indoeuropea di *ar, al termine greco harmos, da cui l’italiano “armonia”, e al latino arsda cui “arte”.

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Originariamente scritto il 29 aprile 2018

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