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strategie di comunicazione a scuola: lentezza, gioia, calma

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Strategie di comunicazione a scuola: lentezza, calma, gioia


Scritto il 17 ottobre 2014

strategie di comunicazione a scuola: lentezza, gioia, calma

La comunicazione a scuola funziona poco, tutti lo dicono. Tra i banchi c’è qualcosa che non va. Che cosa?

I ragazzi non hanno più voglia di studiare. Gli insegnanti sono sopraffatti ed esausti forse per la fretta di portare a termine un programma didattico che non corrisponde più alle esigenze di bambini e ragazzi. E’ possibile trovare altri modi?

Ne parliamo questo fine settimana a Sant’Arcangelo di Romagna in un convegno della Rete di cooperazione educativa C’è speranza se questo accade sullo Spazio dell’educazione dove ci incontriamo per discutere, confrontarci, scambiarci idee ed esperienze, condividere passione…

La lentezza si impara e si insegna

è il titolo del mio laboratorio di domenica mattina (19 ottobre) dalle 9 alle 12:

Servono delle strategie di comunicazione anche a scuola per imparare a gestire meglio le relazioni e creare un ambiente solido, gioioso e piacevole dove insegnanti e alunni non siano dietro una barricata ma collaborino e siano sereni.

lato A) Gli insegnanti

  1. Come trovare i giusti spazi e tempi di lavoro e di comunicazione interpersonale
  2. Come creare spazi e tempi di auto-formazione

Insegnare il valore della lentezza e silenzio, l’importanza di non avere fretta, la fregatura del multitaskingEsempi pratici e indicazioni che possono aiutare ad instaurare un ritmo più lento senza perdere in produttività.

lato B) Bambini e ragazzi

Come capire meglio i loro bisogni e adattare l’insegnamento per bambini e ragazzi che non hanno tempo, che non possono più vivere senza tecnologia, hanno mille stimoli e poca voglia di apprendere frontalmente senza stravolgere completamente il programma.

(da tutti i link che ho inserito capite che su Vivere semplice si parla spesso di questo argomento)

E voi insegnanti e genitori, cosa fate per creare un clima di quiete, calma e lentezza in classe o a casa? Ogni contributo è benvenuto.

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il segreto per non impazzire con i compiti delle vacanze

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Il segreto per non impazzire con i compiti delle vacanze


Scritto il 26 agosto 2014

il segreto per non impazzire con i compiti delle vacanze

Manca poco all’inizio della scuola e i bambini non hanno ancora finito i compiti delle vacanze. Che i bambini siano in seconda elementare o in seconda media il problema è sempre lo stesso.

C’è un compito da portare a termine ma loro rimandano. E tu come ti comporti?

Mi guardo intorno e vedo due tipologie di genitori:

1. quelli che fanno i vaghi, troppo impegnati nelle loro faccende. Negli gli ultimi 3 giorni accuseranno i figli di essere disorganizzati e fannulloni.

2. quelli che ogni giorno si stressano cercando di far fare qualcosa ai figli senza riuscirci: …almeno un problema, devi farne ancora 45.

Per alcuni i compiti delle vacanze sono un vero e proprio assillo. I figli sono completamente distratti da altro. Impossibile venirne a capo. Ma il segreto per non impazzire con i compiti delle vacanze c’è.

Può anche darsi che mi consideri la solita saputella, ma se sei qui forse ho la chance di rivelarti un segreto: quello che serve ai tuoi bambini per fare i compiti delle vacanze sei tu.

No, aspetta: non servi tu ma serve la tua calma, il tuo atteggiamento sereno, la tua volontà. I tuoi figli hanno bisogno che gli dimostri che ci si può mettere a fare qualcosa che si ha poca voglia di fare, riuscirci e poi esserne soddisfatti.

Come fare in pratica?

Immagina di essere una app per Iphone o android, poco importa. Sei stato scaricato gratuitamente dal cervello di tuo figlio, che ha bisogno di un tool che lo aiuti a fare i compiti.

Sei un alert. Siediti pacatamente con lui e suona ogni pochi minuti. Stai li semplicemente in silenzio, con attenzione e di rispetto per il lavoro del bambino, interessato ma non troppo (non devi risolvere il problema): l’obiettivo che hai è incoraggiare interiormente il bambino. Come?

Non parlare, non leggere, non fare nulla. Devi essere la materializzazione della sua volontà,  uno strumento al servizio della sua volontà.

Lui non riesce a stare fermo? Tu si. Lui non smette di parlare? Tu lo osservi in silenzio e ogni 5 minuti esatti lo incoraggi con una parola o due: forza, ce la fai, coraggio, io sono qui con te, appena hai finito ti sfido a scacchi!

L’idea è che tu sia sostegno, argine, palo, faro. Comportati come se fossi un segreto: il bambino non deve sapere cosa stai facendo, deve capirlo, intuirlo. Deve sentirlo. Non devi spiegare nulla

Vedrai che magia! Scoprirai che non serve solo per i compiti, serve per tutto. E’ la consapevolezza del fare che noi adulti dovremmo avere in tutto ciò che facciamo e che i bambini imparerebbero osservando noi.

E tu riesci a portare a termine un impegno che ti sei dato anche quando diventa troppo faticoso e difficile? Come gestisci la tua difficoltà?

Compiti: pro o contro?

Che siate pro o contro i compiti qui importa poco: sta di fatto che si tratta di un impegno preso e quindi da rispettare. Perchè possiamo anche dire chissenefrega insieme ai figli, e siamo liberi di farlo.

Se domani quando gli chiederemo di sparecchiare o di lavarsi il calzino ci daranno la stessa risposta non potremo non ammettere di aver dato l’esempio..

E comunque parliamone: sul fatto di fare i compiti delle vacanze io un’idea chiara non ce l’ho ancora e sicuramente il segreto per non impazzire con i compiti delle vacanze non è solo questo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi.

Ultimo aggiornamento: 20 agosto 2017

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photo credits: hi-res photos from Unsplash

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Senza tecnologia i ragazzi non possono più vivere


Scritto il 07 maggio 2014

photo credits: hi-res photos from Unsplash

Sempre più spesso si sente dire da chi ha figli grandicelli che è impossibile limitare la tecnologia in casa perché i ragazzi vogliono solo quella, si divertono solo con quella, non possono fare i compiti senza e sono soli, sconnessi dal mondo e senza amici se non hanno un telefonino con whatup.

Ah! Vorrei proprio fermarmi a ragionare con voi su questo tema.

Ammettiamo per un momento che tutto questo fosse vero: che danno faremmo ai nostri figli se li privassimo di qualcosa che è essenziale nel loro tempo?

Beh, quando ero ragazza i miei genitori mi hanno tolto una cosa essenziale: mi hanno proibito di andare a ballare e tornare alle tre di notte. Risultato? Io ci andavo lo stesso, ma invece di farlo tutti i venerdi lo facevo solo due volte l’anno, quando cambiamo nome, connotati e andavo a trovare la mia amica Cristina a Roma.

E per farlo dovevo farmi 600 km. Ed era epico. Ma non sono diventata un’asociale per questo. Anzi, ho fatto parecchio problem solving da allora e ho un ricordo fantastico di quelle serate.

Quello che voglio dire è che in realtà non gli togliamo niente, semmai gli diamo qualcosa! Anche se avere internet a 12 anni fosse essenziale, dargliene l’accesso tra qualche anno di sicuro non li farà rimanere indietro, non perderanno nulla di essenziale e si rimetteranno al passo in 2 minuti netti. Il danno non potremmo fare non sarebbe così grave. E cosa ci guadagneremmo noi e loro?

Cosa fa un ragazzo quando non naviga

I ragazzi che hanno dei limiti nell’uso della tecnologia hanno tempo in più per dormire e per vivere la loro vita offline, quella che noi abbiamo potuto sperimentare da ragazzi e che loro non conoscono più. Per esempio le seguenti impagabili cose:

  • avere la possibilità di chiacchierare con persone che la pensano diversamente, gente sorteggiata a caso e non proposta da un algoritmo di Google che valuta le affinità con te e con i tuoi amici
  • non avere l’urgenza di condividere via social quello che ti accade ma limitarti a godertela
  • non avere il dubbio che nessuno di ama solo perchè nessuno ti manda un sms o dice mi piace alle cose che condividi
  • non avere l’urgenza di correre a casa perchè il telefonino è scarico e senza di lui non vivi più
  • non avere bisogno di cambiare progetto ogni momento della giornata per adeguarti ai messaggi dei tuoi amici che ti invitano o che disdicono un invito
  • ecc… ecc..

Se solo resistiamo alla tentazione di accettare tutto quello che proviene dai loro umori (desideri indotti dagli amici o dalla pubblicità) o almeno scegliamo di limitare, metter qualche regola e dare qualche drizzata alla macchina che viaggia a mille forse non ce ne pentiremo per niente. O forse si, ma come amo dire sempre meglio rimorsi che rimpianti!

E’ tutta una questione di misura, come al solito. L’unico problema è che costa fatica.

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La scoperta del bambino di Maria Montessori


Scritto il 30 gennaio 2014

Steineriani o meno che siate, La scoperta del bambino di Maria Montessori è una lettura essenziale, un libro acuto, illuminante e fondamentale per capire il bambino e riconoscere i grandi equivoci della pedagogia. Grazie a Radio3 e al meraviglio programma Ad alta voce che ha letto per noi questo pilastro per ogni educatore. Mettetevi comodi per ascoltare, ci saranno parole che vi faranno cascare dalla sedia. Sono quattro audio di circa 20 minuti l’uno. (se qualcuno di voi ha problemi ad scaricare il podcast mi faccia sapere)

Vi consiglio di ascoltare la prima lettura  se non sapete esattamente chi è Maria Montessori e cosa abbia fatto. Vi basti sapere comunque che le sue prime ricerche sono partiti dal lavoro sui bambini con problemi di vario genere, una volta chiamati bambini deficienti, come medico assistente alla clinica psichiatrica dell’Università di Roma e in particolare presso il manicomio per lo studio dei malati da scegliere per lo studio di didattica clinica.

Children-s-Montessori-School-of-Georgetown

credits: Montessori School of Georgetown – Kentucky

La seconda lettura entra nel merito delle sue tesi e tra le altre cose parla della funzione del banco di scuola: uno strumento di schiavitù,  il baluardo della pedagogia scientifica ideato secondo le più moderne teorie sulla fisiologia del corpo umano per permettere l’immobilità del fanciullo.

Un altro tema toccato con maestri commovente è quello del premio e castigo. Nella società esiste un sistema di premi e punizioni molto in voga e l’adulto si affanna per adattare in tempo l’anima infantile ad accomodarsi e a restringersi fra gli ingranaggi di questo mondo. Premia e castiga per abituare il bambino a sottomettersi con prontezza…

Perchè? Semplice: per educare i fanciulli serve la disciplina dell’immobilità e dell’attenzione forzata nella scolaresca e al maestro conviene maneggiare premi e punizioni per costringere coloro che sono condannati ad essere i suoi ascoltatori. Se siete arrivati fin qui non vi serve che vi parli della terza e quarta parte, all’altezza delle vostre aspettative.

Geniale! Se non sapessi che è la Montessori crederei quasi che La scoperta del bambino siano parole di Steiner.

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imparare a pensare sabrina d'orsi tutti i diritti riservati

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Impara a pensare! Non fidarti solo di quello che ti insegnano


Scritto il 23 agosto 2013

imparare a pensare sabrina d'orsi tutti i diritti riservati

Ciò che è vero deve essere sperimentato. Non si puo' solo crederci. Ma se dall’Antichità al Rinascimento, da Pitagora a Keplero, aritmetica, geometria, musica e astronomia hanno indagato il numero, lo spazio, il suono e il movimento dei corpi celesti una ragione ci sarà o no?. 
Queste quattro discipline venivano già pensate e insegnate da Platone come un insieme unitario, che fondeva lo studio degli oggetti matematici con l’aspirazione filosofica al vero, al bello e al bene. 

quadrivium

Ed è proprio questo di cui mi piace parlare: il vero, il bello e il bene. Che sono i tre pilastri della pedagogia di Rudolf Steiner (della sua apparentemente strampalata importanza al disegno di forme) e che sono i tre motivi principali per:

1. Non  mentire a noi stessi e agli altri  (la verità è più vispa, più scandalosa, più folle e più invidiabile di ogni banale menzogna).

2. Non abbrutirsi per esempio davanti alla tv (ho detto per esempio), perchè c'è davvero di meglio da fare nella vita e non è detto che debba essere fatto perchè è più bello ma perchè ci piace di più. (Ma noi lo sappiamo ancora quello che ci piace di più?)

3. Non rassegnarsi a pensare che se fai bene o se fai male è uguale. Non è cosi. Ognuno di noi dovrebbe fare il meglio che puo'.
Il bene è un circolo virtuoso, porta lieto fine, soddisfazione, fa quadrare il cerchio, riunisce ciò che era diviso, risale all'unità attraverso una progressiva semplificazione. Il meglio è semplicemente il meglio. Tutti sappiamo riconoscerlo.  

Di male in peggio si entra  in un circolo vizioso, che alimenta astio, guerra, delusione ed altro astio. 

La parola chiave è meglio. (l'hai letto il post su "fai il tuo meglio?")
Allora vi chiederete cosa c'entra il meglio con questo libro? C'entra che mentre lo leggevo mi sono chiesta:

se un bambino a scuola chiede alla maestra: perchè ci sono 60 secondi in un minuto e 360 gradi in un angolo? la maestra saprà spiegargli Il perchè? Questo libro si.

se un bambino arriva dalla maestra e chiede: "perchè lo zero si scrive come una O?" la maestra che avrà letto questo lirbo si avvicinerà  piano alla sua classe e con voce misteriosa comincerà a raccontare questa storia:

 

 

 

 

C'era una volta un indiano che si sedeva tutti i giorni in spiaggia per contare. Usava un ciottolo per fare i suoi conti sulla sabbia e quando aveva finito di contare riponeva il suo ciottolo sulla sabbia. Un giorno, arrivò nel posto in cui si sedeva tutti i giorni e prese il ciottolo tra le mani. Si accorse che togliendo il ciottolo dal suo posto e lasciando quindi il vuoto, il niente,  c'era una forma circolare al suo posto. Una traccia visibile a forma di O di qualcosa che non c'era più. Era nato lo zero.

Non vi piacerebbe che i vostri bambini imparassero i numeri cosi? Riflettendo sulla loro vita, su come i numeri sono tutti dentro di noi, nella nostra vita, nelle nostra membra. Le nostre dita ci parliamo del dieci, il nostro stesso io ci parla dell'unità, che è la più preziosa. Da essa si dipana tutta la matematica. Non è il risultato che conta, sono gli addendi, le individualità, noi.

Questo libro vi piacerà. Anche le illustrazioni sono fantastiche. E non vi incazzate con le maestre dei vostri figli, spesso devono seguire dei programmi ministeriali più freddi di un cadavere, magari questo libro regalateglielo senza dire una parola. Chissà che non riscaldi un po' il cuore…

 

Quadrivium
numero, geometria, musica, astronomia
Sironi editore
Prezzo di copertina: 21 euro

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La riscossa di Geronimo Stilton

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La riscossa di Geronimo Stilton


Scritto il 20 agosto 2013

A che età avete letto il vostro primo libro? Io ho cominciato tardissimo, forse avevo 16 anni. A casa mia giravano solo libri di barzellette e di ricette. E il giornale per fortuna ce lo faceva leggere la prof di italiano alle medie… Ecco perchè ce l’ho tanto con i libri…

Piena estate: vado in giro per casa con la ramazza, le cuffie e il lettore mp3 in tasca, ascoltandomi bellamente un audiolibro senza curarmi dei bambini che fanno le loro cose sparsi un po’ ovunque.
Cosa acolti mamma? Ventimila leghe sotto i mari.
Ah, lo conosco io quel libro, l’ho letto.
L’hai letto? E quando? 
L’ho preso in biblioteca non ti ricordi mamma? Quello di Geronimo Stilton

Mi è montata una rabbia!! Avrei voluto spiegargli che le riduzioni dei classici ad opera dei vari Geronimo e company non possono essere altro che  robaccia che farebbe ribaltare nella tomba il povero Verne e tutti quelli che hanno posato le basi della letteratura mondiale.

Anche se non l’ho letto, s’intende, il capolavoro di Stilton e parlo davvero per pregiudizio.

Subito dopo ho pensato che forse non è cosi male che mio figlio pensi di averlo letto davvero il capolavoro, perchè prima o poi gli verrà voglia di leggerne altri, e a quel punto è possibile che capisca la differenza.

Ho continuato l’audioascolto, vergognandomi anche un po’ di aver da ascoltarlo, il libro, invece che da leggerlo. Ma visti i progressi della tecnologia perchè non approfittarne almeno un po? (se qualcun altro ne vuole approfittare qui (ho corretto il link che non funzionava) c’è il link per scaricare questo e molto altro)

La letteratura di qualità

La storia delle avventure a bordo del Nautilus più o meno la conoscono tutti, ma non smetto di rimanere a bocca aperte, incantata di fronte alle descrizioni di cui è pieno questo avvincente libro.

Provate ad immaginare un fondale marino, il più incredibile e fantasioso (facciamo le rovine sommerse di Atlantide, che gia di per se solletica l’immaginazione di chiunque un minimo visionario) e poi provate a descriverle. O provate a chiedere ai vostri figli di farlo, poi leggete questa descrizione che mi sono presa la briga di riportarvi qui sotto, e avrete la misura del perchè la letteratura di qualità si chiama cosi.

E’ solo l’evocazione delle sensazioni, solo il solletico che ti viene sotto la lingua, dentro le orecchie, la voglia di essere li a provare quelle stesse emozioni che fa di un libro un buon libro, non c’è altro, non c’è altro…

Il capitano Nemo alle 11 di sera va a trovare Monsieur Aronnax e gli dice: propongo un’escursione interessante, fino’ora avete sempre visitato i fondali alla luce del sole, vi andrebbe di vederli di notte?

“..alcuni arboscelli pietrificati e contorti erano disposti a zig zag e i pesci si alzavano a frotte sotto i nostri piedi come uccelli sorpresi nell’erba alta. il blocco roccioso era crivellato da anfratti impenetrabili, di profonde grotte, di buche insondabili, al cui fondo sentivo muoversi creature di grosse dimensioni. Provavo una scossa al cuore al vedere qualche enorme antenna sbarrarmi il cammino, o qualche orrenda pinza chiudersi con fracasso nelle buie cavità. Nelle tenebre ardevano migliaia di punti luminosi erano gli occhi di immani crostacei nelle loro tane, gamberi giganti ritti come alabardieri  e squassanti le zampe con cigolio di ferraglia. Granchi titanici simili a cannoni a fusto, polpi spaventevoli intreccianti i tentacoli come grovigli di serpenti.

Davanti a quale mondo incognito e fuori del normale mi trovavo… di quale ordine facevano parte quegli articolati, dei quali la roccia era un secondo guscio protettivo, dove aveva trovato la natura della loro vita vegetativa, e da quanti secoli trascorrevano l’esistenza sul fondo dell’oceano.”

Quello che spero è che un giorno, anche lontano, i miei figli e tutti i bambini possano scoprire l’eccitazione di una descrizione fulgida, pregnante, eccellente, preziosa e possano aver voglia di scrivere le loro emozioni, il loro cammino con questo stesso entusiasmo. E se non fosse la scrittura andrebbe bene anche una sana equazione che fa girar la testa o qualsiasi cosa colga a tal punto la loro curiosità che ne siano risucchiati come in un vortice che li fa tirar tardi, li fa innamorare, li fa perdere la testa.

Il sale della vita non passa dalle riduzioni

Vorrei solo che le loro vite fossero piene di quel sale che è semplice amore per la vita, per le creazioni dell’uomo e per la creatura umana. Amore per il vivente, per il bello e per il bene, passione, interesse, voglia.  Lo so, non è poco ma io ci spero.

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Gli esami della vita: la quinta elementare, un’occasione persa

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Gli esami della vita: la quinta elementare, un’occasione persa


Scritto il 16 giugno 2013

quinta classe scuola steiner rom

Esami di quinta elementare: nelle scuole pubbliche non si fa più, in quelle non parificate si fa ed è una benedizione. Perchè?

Come funziona

Un tema, una prova di matematica, un colloquio, una prova scritta e orale di inglese. Un piccolo confronto con il mondo esterno, con la giusta dose di paura di non farcela, svolto in una scuola pubblica, con una commissione di maestri normali come dicono i bambini. Alcuni di loro usciti dal colloquio orale su tutte le materie hanno esclamato: credevo che fossero mooolto più cattivi!

Cosa pensi della scuola pubblica?

Se i bambini credono che i maestri della pubblica siano cattivi, severi, ecc.. questo dovrebbe parlare a noi genitori: come parliamo della scuola pubblica di fronte a loro? La giudichiamo? La critichiamo? Sbagliato! Non possiamo lamentarci se i nostri figli sono snob se lo siamo anche noi. La scuola pubblica non è MALE e noi siamo dei superficiali se crediamo questo! I nostri figli non dovrebbero sentirsi diversi, o più fortunati degli altri. Questa è una scelta pedagogica che non deve in nessun modo riguardare i piccoli.

quinta classe scuola steiner rom

Una reciproca scoperta

Del mondo fuori dalla scuola Steiner i bambini hanno sicuramente un po’ di timore ma anche  molta curiosità e meraviglia, e la cosa è reciproca. Maestri che non hanno mai visto questi bambini li vedono arrivare con i loro astucci fatti ai ferri, con i loro atlanti e libri scritti e disegnati a mano. Li ascoltano cantare e suonare i loro strumenti in cerchio, prima di iniziare, quasi come per creare un momento di concentrazione proprio solo del loro stretto cerchio: la Classe.

Li ascoltano declamare Cantami, o Diva, del Pelìde Achille, in greco e poi in italiano e credo sia uno scambio ricco di reciproca ammirazione, per quel che possono fare i bambini e per quello che possono incarnare in quel momento maestri atti a valutare il loro cosi alacre lavoro.

quinta classe scuola steiner rom

Poi ci sono le pagelle, quelle di casa nostra, poesie dedicate ad ogni singolo bambino, scritte o scelte e illustrate dalla maestra stessa, personalizzate con amore smisurato. Una tale commozione che si ripete ogni anno con sempre maggior gratitudine.

quinta classe scuola steiner rom

I privilegi e la gratitudine

E’ vero che questa scelta è un privilegio e non amo sentirmi una privilegiata. Se devo schierarmi preferisco stare là dove stanno tutti e combattere insieme a loro. Ma non posso esimermi dal testimoniare la grande gioia e la gratitudine per aver scoperto questa pedagogia cosi potente, sensata, istintiva, vicina ai bisogni del bambino e della famiglia.

Grazie a tutti voi maestri e genitori di tutte le scuole che tenete i bambini in alta considerazione, che li amate e rispettate per quello che sono, che avete capito che da loro c’è molto più da imparare che non da insegnare. La mia gratitudine va alla categoria vocazionale dei maestri di ogni ordine e grado. Vorrei abbracciarvi tutti!

quinta classe scuola steiner rom

A riguardare la consegna delle pagelle di terza classe mi dico che il mio vivere semplice è un prezioso strumento della memoria, e anche solo per questo motivo dovrei forse trovare la forza di portarlo avanti ancora per un po’.

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Il tempo di fare la maestra

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Il tempo di fare la maestra


Scritto il 21 febbraio 2013

Dopo varie strade percorse nella vita mi trovo finalmente dove devo stare: in un asilo con bambini dagli zero ai tre anni e due maestre in un bellissimo spazio nel quartiere che mi ha accolto al mio arrivo a Roma, San Lorenzo.

L'età dei bambini la dice lunga: come ben sapete è nei primi tre anni che si fanno i giochi o i danni peggiori, a seconda di come la vedete. E' un'età in cui i bambini sono aperti al mondo e plasmabili al massimo da ciò che trovano intorno a loro. Potremmo far di loro ciò che vogliamo, potremmo insegnargli a leggere e lo farebbero, potremmo raccontargli la storia del mondo dalla creazione ai giorni nostri e ascolterebbero interessati, potremmo anche dargli premi e punizioni e loro si adeguerebbero. Potremmo insomma premerli fino a farli diventare tutti dei piccoli geni, ma qui si fa ben altro.

courtesy of tarastots.com

Qui non si spreme nulla anzi si salvaguarda il più possibile. Si lascia il tempo per fare. I bambini cosi piccoli sono di una chiarezza che ti lascia inerme. Loro sanno benissimo ciò di cui hanno bisogno e se li lasci in pace mettono in atto tutta la loro volontà per andare incontro a chi sono veramente. Hanno un sacco di cose di dirci (senza parole) e bisogna vedere se noi le sappiamo ascoltare. Ci parlano diritto al cuore, i loro sguardi e i loro atteggiamenti ci dicono esattamente se quello che stiamo facendo è bene per loro oppure se è frutto del nostro ego, rumore di fondo per loro.

Non so per quanto tempo durerà questa meravigliosa esperienza, in ogni caso il dono più grande che sto ricevendo è proprio questo: poter stare accanto a bambini con i quali non sono cosi emotivamente coinvolta come con i miei figli,  per capire a fondo il linguaggio dei bambini piccoli, cosa che con i tuoi figli non riesci davvero a fare fino in fondo, coinvolta e obnubilata da aspettative, paure e sovrastrutture.

courtesy of pinterest

Occorre farsi trasparenti, saper intervenire il minimo indispensabile per mettere o togliere quello che serve a facilitare il loro gioco e sottrarre giudizio, aspettative, ambizione. Scaldare dove c'è uno spavento preso o una frustrazione, consolare dove un bimbo ha ricevuto uno sgarbo da un altro, stare accanto al bimbo che piange perchè vuole la mamma senza distrarlo da quello che lui in quel momento deve e vuole provare, la mancanza lecita, necessaria.

courtesy of pinterest

Siamo qui per aiutare i bambini a provare i sentimenti che devo provare per diventare Esseri Umani dotati di compassione e capaci di amare. Se siamo disarmate e fiduciose allora avviene una magia, un'alchimia che si rinnova ogni giorno e che nutre la mia anima come non mi succedeva in ambito lavorativo da più di mille anni.

E' un privilegio poter passare del tempo con esseri umani che non subiscono ancora  il predominio della ragione e che possono per questo attingere ad altre e più potenti forze dell'essere. E' una fortuna aver avuto il coraggio di fare questo passo avanti e di accogliere la sfida di una cara carissima amica e  vivere questa esperienza di maestra. Dico maestra e non educatrice e non operatrice dopo averci ben pensato.

courtesy of pinterest

fonte immagini: PInterest

Essere qui con questi bambini non è solo un fatto di accudimento ma è proprio un prendersi cura della propria anima attraverso l'incontro cosi diretto con esseri umani cosi freschi di arrivo sulla Terra. Se lo sai cogliere si vede benissimo che hanno ancora molto di divino e pochissimo di terreno, lo si nota perchè sorridono di fronte alle nostre piccolezze e si dispiacciono dei nostri affanni, probabilmente a volte ci considerano dei marziani, impegnati come siamo nelle inezie.

Mi sento una maestra perchè lo voglio celebrare questo incontro, ai più alti livelli, dovrei dirmi cultrice della materia, ancor meglio. E perchè voglio, prometto e spero di essere semplicemente un essere umano degno di essere imitato, che sa farsi strumento, mettere da parte le sue idee preconcette e mettersi in gioco, muoversi come una piuma ed essere angelo custode, sapersi commuovere, sbagliare e meravigliare, saper tenere in alta considerazione la dignità del bambino piccolo.

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Ci sono tanti modi per studiare la storia: eccone uno

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Ci sono tanti modi per studiare la storia: eccone uno


Scritto il 16 ottobre 2012

Siamo abituati a studiare la storia come si faceva ai nostri tempi, dagli Assiri e Babilonesi in poi, passando per il Tigri e l'Eufrate, i papiri e tutto il resto. Ma a voi cosa è rimasto di tutto ciò? Io mi sono sempre chiesta perchè si studiava la storia, a cosa serviva e se non c'era qualcosa di meglio da imparare che non una sfilza infinita di date e accadimenti.

Ora con i figli alle elementari sto a guardare come studiano storia alla scuola steineriana. Intanto la storia vera e propria arriva molto tardi perchè prima il racconto verte su altri contenuti, prima della storia ci sono le storie e sono storie raccontate che diventano l'espressione esteriore di ciò che il bambino sta vivendo in quel momento della sua crescita.

  • In prima si raccontano le fiabe
  • in seconda le favole con gli animali come protagonisti e le storie dei Santi
  • in terza si racconta l'Antico Testamento
  • in quarta la mitologia nordica
  • In quinta le epoche antiche e si arriva fino alla Grecia.

C'è un motivo preciso per cui si segue questo programma per ogni anno ma la cosa che mi interessa raccontarvi è perchè in quinta si comincia dall'India e cosa si fa. 

L'uomo nel passare attraverso le diverse epoche storiche, sia fisicamente che animicamente non è stato sempre lo stesso: il suo modo di pensare, sentire e volere ha subito grandi mutamenti nel corso dell'evoluzione. In epoche antiche la coscienza umana era molto diversa da quella attuale e probabilmente in futuro evolverà in stati ancora diversi rispetto al presente.

mandala

Guardare alla storia come una semplice concatenazione temporale di fatti che non hanno nulla a che fare con noi è sminuente. Ciò che conta davvero è comprendere i reali nessi che scorrono tra passato, presente e futuro, risvegliando la coscienza sulla nostra natura di esseri umani in evoluzione, sulla comprensione delle disposizioni animiche di oggi come frutto dell'evoluzione passata. La storia dell'uomo non è altro che la storia di una trasformazione della coscienza, esattamente come quella in corso presso i bambini in questo momento.

In quinta classe i bambini vivono proprio un equilibrio tra l'essere bambino e l'essere nella fase della pubertà,  tra le forze di pensiero intellettuale che iniziano a destarsi e quelle di un pensiero immaginativo ancora vivo che tendono a sopirsi. Anche da un punto di vista fisico esiste a quest'età un particolare equilibrio prima dell'allungamento accelerato delle ossa intorno ai 12 anni:  i bambini vivono un periodo in cui si sentono bene nel loro corpo. Come si sentivano gli uomini al tempo delle civiltà antiche? Da quali forze, saperi e conoscenze attingevano per vivere e operare nella loro epoca?

dipingere

In quinta classe il bambino è pronto per indagare le antiche civiltà l'India, la Persia, l'Egitto e prendere da ogni cultura la speciale energia che solo da quell'epoca specifica è possibile attingere, andando a vedere cosa facevano e perchè, come si relazionavano tra di loro e con le forze divine ancora molto presenti intorno a loro. Si arriverà fino ad abbeverarsi dell'armonia tra le forze spirituali e quelle del proprio Io riprendendo i miti greci e la storia greca vera e propria, approfittando per incontrarsi con tutti gli altri bambini delle quinte classi delle scuole steineriane in Italia per dare vita alle consuete Olimpiadi.

Non so perchè sto qui a spiegarvi tutto questo, voglio solo dire che ha molto senso per me, e che forse a tutti i bambini potrebbe essere portato un po' di questo sentire anche senza scuola steineriana. Per entrare in un'epoca storica e capirci qualcosa occorre farlo con tutti i sensi, l'intelletto è troppo poco e poi si dimentica tutto. Allora se avete la fortuna di avere dei figli che stanno iniziando a studiare storia coltivate con loro questo spirito di scoperta, sarà una bella esperienza per tutta la famiglia.

Per l'India potreste imparare dei mantra, fare yoga insieme, disegnare i mandala o fare degli esercizi di forme e sentire quello che succede nella vostra famiglia se fate queste attività con un po' di costanza, prendendovi del tempo, ogni giorno un po', creando un piccolo rituale per assaporare quello che vive la nostra interiorità se nutrita di questo tipo di cibo. E' sorprendente, lo vedrete benissimo sul comportamento dei vostri figli o alunni. In Persia potreste sfruttare quel clima molto più operoso e meno mistico per portare i bambini a lavorare nei campi, raccogliere le olive o seguire un gregge di pecore in cima ad una collina e quando sarete in Egitto potreste studiare insieme un po' di numerologia o leggere insieme Quadrivium. Secondo e non c'è una cosa giusta e una sbagliata da fare, c'è solo la vostra sensibilità e la vostra voglia di crescere con loro.

Per il medioevo leggete questo post della mia cara amica Daniela su Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda nella Letteratura per ragazzi.

Oppure potreste procurarvi "Miti Antichi" raccontati da Charles Kowacks edizione Educazione Waldorf, dove attraverso la storia di Indra, il dio della guerra o i figli di Pandu, o la storia di Krishna o la Persia di Zaratustra, o ancora Gilgamesh per la Babilonia e Iside e Osiride per l'Egitto si porta in casa una storia altra, che scaldi un po' la didattica di scuola e che lasci qualche traccia nella memoria insieme a tutto quello che è li pronto per essere dimenticato.

A proposito di India, nella biblioteca per ragazzi mi è capitato tra le mani questo libro e ho deciso di darci una lettura. A scuola ai miei tempi si parlava di tutto tranne che di altre religioni e mi sono scoperta molto ignorante. Induismo, buddhismo, universismo cinese, ebraismo, cristianesimo, islamismo, ogni religione ha talmente tante connessioni e similianze  con le altre che c'è da rimanere senza parole. 

E i conflitti nascono proprio da interpretazioni sbagliate e tanta ignoranza.


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Sai perchè lo hai comprato? Il marchio che aiuta a capire

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Sai perchè lo hai comprato? Il marchio che aiuta a capire


Scritto il 15 ottobre 2012

Odio fare la spesa, sono allergica agli ipermercati e non amo stare in fila alla cassa di un superstore. Ma devo ammettere che il posto in cui faccio la spesa con meno rancore è la COOP. Considerando che ogni volta che entri in un supermercato stai arricchendo qualche gigante del commercio andare alla COOP mi fa venire la sensazione che si stia remando nella giusta direzione: distribuire gli utili di un commercio in larga scala a tanti e non solo ad uno, i soci della cooperativa.

Sul sito www.progettieducativicoop.it/ho trovato un progetto che mi ha fatto dire: vedi? quelli della COOP sono dei grandi.

Si chiama Sapere coop ed è un lavoro ormai ventennale fatto in collaborazione con il Miur per stabilire delle Linee guida dell'educazione alimentare nella scuola italiana e fornire orientamenti innovativi in tema di educazione alimentare e consumo critico.
Da quest'anno poi hanno impreziosito la qualità del loro lavoro affidando lo sviluppo creativo a Pietro Corraini, che sa farsi notare per lo stile della grafica e l'attenzione ai dettagli. Risultato? Un piccolo capolavoro ad uso e consumo delle scuole, per dare strumenti e cercare di capire meglio le dinamiche del consumo attivo, che è guidato prima di tutto dall'edonismo, ovvero dalla ricerca del piacere e non dal bisogno, come per lungo tempo ci hanno raccontato gli economisti.

In pratica mangiare o in generale consumare quello che ci fa star bene è molto diverso dal soddisfare un semplice bisogno e puo' essere molto più vicino al consumo responsabile di quanto pensiamo.  

Quello che ci fa star bene è fatto della stessa materia di quello che fa star bene il pianeta, la società, tutti. Non è detto che per vivere bene su questa terra abbiamo bisogno necessariamente di consumarla, strattonarla e impoverirla.  Fenomeni sociali diffusi tra le giovani generazioni come il consumo compulsivo, le shopping generation e le varie dipendenze ad esso associate non costituiscono la società del benessere e della felicità ma anzi al contrario sono manifestazioni di disagio che prima di tutto devono essere individuate e spiegate ai giovani stessi. 

Questo progetto si articola con proposte operative direttamente sul territorio attraverso scuole di ogni genere e grado. Scaricate questa bellissima grafic novel da leggere in pdf gratuitamente, e i  materiali da scaricare se siete degli insegnanti per avere la possibilità di partecipare a progetti educativi scolastici per i quali è richiesta la partecipazione entro il 31 ottobre 2012. E' materiale prezioso che merita di essere considerato. Dateci un'occhiata!! 

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vivere semplice

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Adulti: esseri umani degni di essere imitati


Scritto il 13 ottobre 2006

settembre2005Fare il meglio per loro, facile a dirsi, ma che cos’è davvero il meglio per loro?
Amore, comprensione, attenzione e tempo.
I bambini hanno bisogno SOLO di questo. Forse.
Tuttavia crescere i figli è difficile, richiede pazienza, stabilità emotiva, idee chiare e una grandissima forza di volontà. Per noi leggere, studiare, parlare e confrontarci con altri genitori è servito a farci un’idea su quello che volevamo fare e non fare per essere i genitori che abbiamo scelto di essere.

Insegnare o educare? Le parole che usiamo

Insegnare (da in + signum)  vuol dire segnare, esprimere, fissare un signumun marchio, mostrare una via, ammaestrare. Secondo questa visione il bambino è concepito come una tabula rasa, un foglio bianco da riempire con giochi, passatempi e più avanti con concetti, idee, attività.

Educare (da e + ducere) vuol dire condurre, trarre fuori l’uomo dai difetti originali della rozza natura, ma anche tirar fuori dall’uomo gli abiti di moralità e buona creanza già insiti in se stesso. Questo approccio vede l’uomo come un essere dotato di un sapere che proviene da lontano, di un’intelligenza intuitiva.

L’adulto che si accosta al bambino con questa consapevolezza che può educare piuttosto che insegnare, ha la possibilità di attingere al sapere e di valorizzarlo fino a dare al bambino gli strumenti per riconoscere e usare il suo naturale sapere nel modo migliore per sè e gli altri.

L’importanza del gioco

capricciCosa c’entra questo con il gioco? Moltissimo. Abbiamo capito che il gioco non è una semplice attività psicomotoria. Per il bambino piccolo giocare è conoscere, fare, lavorare, vivere senza mai stancarsi. Andando avanti con gli anni ed entrando nella scuola il bambino scopre che lì non si gioca più e che il suo lavoro è quello di imparare le cose.

Lo studio viene quindi vissuto come opposto al gioco. Inoltre fuori dalla scuola, la tv ha quasi completamente sostituito il gioco quindi il bambino perde progressivamente la capacità di inventare i suoi giochi, di giocare con niente, cosa che in passato veniva coltivata come attività spontanea e naturale. Il gioco rafforza la volontà e l’equilibrio, sviluppa la capacità di cooperazione e di solidarietà tra bambini dando loro la possibilità di esercitarsi nelle dinamiche sociali che incontreranno quando saranno più grandi.

giocare con i legni

A proposito dei giocattoli: sono il barometro della nostra cultura. I giocattoli che diamo ai nostri figli indicano il grado delle nostre aspettative verso di loro e la considerazione che abbiamo per l’infanzia in generale. (lo sapevate che Barbie è stata creata nel 1959 da un tal signor Ruth Handler che l’ha copiata da una bambola di plastica tedesca per giochi erotici maschili?… e ora quelli della Mattel sono spiazzati perchè le Bratz, nuova generazione di bambole apparsa nel 2001 sono cosi sexy, disinibite e fanatiche della moda da far sembrare Barbie una suorina d’altri tempi!!. Inoltre il target di riferimento per Barbie era in origine 9-12 anni mentre oggi si è abbassato a 3-7 anni. Il fenomeno gia molto conosciuto in America come Kgoy (kids getting older younder) è gia arrivato anche qui, ma questo è un altro discorso

I nostri figli imitano proprio noi

Sappiamo che i bambini piccoli vivono nell’imitazione e imparano tutto ciò che sanno in questo modo. Ma cosa imitano? Ciò che si muove e agisce intorno a loro. La tv,  se quella sarà la loro abituale babysitter, i coetanei, i genitori. Questo è il motivo per cui, intuitivamente ogni genitore sa che è importante l’ambiente che circonda il bambino ed è fondamentale che sia popolato da individui che siano un valido modello da imitare.

A questo punto il mondo si divide in due: ci sono genitori che cercano di passare più tempo possibile insieme ai propri figli perchè sanno di essere un modello per loro e stanno lavorando per diventare un modello almeno decente e ci sono genitori che non hanno la consapevolezza del loro ruolo o non si sentono in grado di esperire questa responsabilità e vi si sottraggono con le scuse più ragionevoli, come il sovraccarico di lavoro, mancanza di tempo ecc…
Io non sono qui per giudicare nessuno, sto solo cercando di descrivere la realtà che vedo.

Oggi come oggi è molto facile lasciare i bambini in buone mani: le babysitter anche brave abbondano, ci sono ludoteche molto carine, ed poi c’e’ sempre la tv con un’offerta di cartoni animati molto intelligenti, documentari imperdibili ecc.. ma quanta importanza diamo all’ambiente in cui immergiamo i nostri figli? Se loro nei primi 3 anni di vita imitano cio’ che li circonda.. siamo consapevoli della qualità di ciò che gli proponiamo?

I nostri strumenti educativi siamo noi

Un valido aiuto ci è arrivato dal punto di vista antroposofico. In sintesi si tratta di questo: dovremmo avere piena consapevolezza del fatto che ogni nostro gesto o attività COSTITUISCE IN SE’ IL MODO IN CUI STIAMO EDUCANDO I NOSTRI FIGLI. Il modo in cui facciamo ogni cosa durante la giornata (dalla forza con cui impastiamo il pane alla noncuranza con cui ci laviamo i denti) riflette la nostra personalità e quello è il nostro strumento educativo.

giocare con tutto

Con il nostro fare, con lo stato d’animo che alberga dentro di noi e con i sentimenti che viviamo (espressi o inespressi che siano) trasmettiamo al bambino un modello da imitare. Sta a noi decidere cosa proporre.

Il nostro obiettivo? Porre le basi per la salute del corpo e dell’anima dei nostri figli. Dargli fiducia in se stesso e nel mondo circostante, farli sentire a loro volta esseri umani degni di essere imitati. Tutto qui.

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