Questo lungo articolo, pensato per una rivista specializzata durante il lockdown e mai uscito, viene pubblicato a puntate, i link in calce
TERZA PUNTATA
Stiamo parlando di come la tecnologia si è infilata nelle relazioni tra bambini e adulti sconvolgendo i già fragili equilibri di comunicazione che intercorrono tra le generazioni.
La famiglia è essenzialmente un dispositivo di cura delle relazioni già esistenti tra i membri.
Avere l’occasione di incontrarsi, confrontarsi e scontrarsi sui differenti punti di vista, sui modi di intendere la vita è fondamentale per mantenere viva la relazione tra le generazioni.
Il fatto che ognuno di noi disponga di un device digitale progettato per riportarci in una dimensione individuale e non relazionale non aiuta certo la vita della famiglia.
Inizialmente questi device erano utilizzati per comunicare in mobilità o con persone che si trovavano in mobilità: due condizioni essenziali che hanno in comune l’urgenza e/o la condizione di provvisorietà della comunicazione.
Quindi se in casa era possibile parlare in ogni momento della giornata, una volta usciti di casa non era più possibile farlo e il telefono diventava un surrogato della comunicazione.
L’uso del telefono è cambiato radicalmente negli anni, fino a trasformarsi quasi nel suo opposto: dall’urgenza si è passati ad usare gli smartphone sempre più con le persone che frequentiamo più spesso fino ad utilizzarlo al posto del citofono.
Lo consideriamo un’estensione della volontà di comunicare e proviamo una sensazione di onnipotenza ogni volta che, nel pensare ad una persona che amiamo (per esempio i nostri figli) facciamo seguire una “immediata” telefonata con l’illusione di poter essere loro vicino e quindi di poterli proteggere, tenerli d’occhio mentre attraversano la strada.
Che poi questi device siano utilizzati a compensazione o in sostituzione di relazioni in carne ed ossa basate sulla prossimità questo è dovuto al fatto che ci si è progressivamente abituati a comunicare con persone che non sono fisicamente in nostra presenza e che la comunicazione mediata abbia presupposti nettamente diversi rispetto alle relazioni di prossimità (mancano gli sguardi di disapprovazione o manca l’empatia degli sguardi, la possibilità di mediare attraverso la prossemica, ecc..).
Inoltre l’obbligatorietà d’uso imposta dal Covid ha reso questa non più una scelta ma una necessità.
LE PUNTATE PRECEDENTI
Prima puntata: Che ruolo gioca internet nella relazione tra adulti e bambini?
Seconda puntata: Relazione digitale o in carne ed ossa: che differenza fa?
Terza Puntata: Come sono cambiate le condizioni d’uso dei device mobili
Quarta puntata: Com’è cambiata la relazione genitori-figli, quando questa è mediata
Quinta puntata: Com’è cambiata la percezione della privacy
Sesta puntata: Com’è cambiata l’attenzione, la nostra principale risorsa
Settima puntata: Com’è cambiata la relazione a scuola
Ottava puntata: Le potenzialità della relazione in carne ed ossa