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laboratorio_viveresemplice 7 OTTOBRE ORE 11 A ROMA

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Laboratorio per genitori e insegnanti a Roma


Scritto il 20 settembre 2018

Domenica 7 ottobre 2018 in occasione dell’uscita del mio libro offro un Laboratorio per genitori e insegnanti che vogliono riscoprire un sodalizio inedito: il patto scuola-famiglia.

Sappiamo costruire per i nostri bambini e ragazzi un ambiente più pacifico e meno competitivo e creare un fronte comune nell’educazione per renderla davvero inclusiva e solidale? Se ti interessa questo argomento questo è il laboratorio che fa per te.

laboratorio_viveresemplice 7 OTTOBRE ORE 11 A ROMA

Laboratorio di genitori e insegnanti

Con me ci sarà l’amico e padre di 4 figli Carlo Ridolfi, ideatore e animatore della Rete di cooperazione educativa. Parleremo prima di tutto dei bisogni dei bambini e degli adulti che gli stanno intorno.

Di cosa abbiamo tutti bisogno?

I bambini hanno bisogno di avere accanto adulti degni di essere imitati, che parlano poco e ascoltano tanto.
Per questo vogliamo trovare le risorse per essere curiosi, pazienti, calmi, centrati, empatici, capaci di ascoltare, dare spazio, includere, mantenere la parola.

In questo Laboratorio faremo due cose distinte:

  • impareremo attraverso tecniche individuali ad accorgerci di noi stessi non in termini egoriferiti ma di quello che ci fa star bene, perchè questo è l’unico modo in cui possiamo stare bene anche con i bambini accanto a noi. Vogliamo riflettere su come trovare tempo per noi stessi, dare tempo a bambini e ragazzi, tenere in considerazione l’importanza del gioco e degli stimoli più adatti ai bambini nelle varie età. Essere educatori è una formidabile occasione di crescita personale. Scopriremo metodi di autoeducazione dell’adulto e proveremo a sperimentare varie tecniche per farci attori del cambiamento e proporre un ambiente più rilassato e sereno a scuola e in famiglia.
  • conosceremo il Patto di Corresponsabilità scuola-famiglia, voluto dal MIUR nel 2017, sceglieremo se e perchè sostenerlo ma soprattutto come, attraverso azioni concrete che ci prendiamo la responsabilità come genitori di mettere in atto per costruirie un clima più inclusivo e solidale a scuola e in famiglia.

Dove lo facciamo?

laboratorio3

Possibilmente all’aperto nel parco dell’Appia Antica ma in caso di pioggia ci sarà una sala a nostra disposizione. Il laboratorio si terrà dalle ore 10.30 alle 12.30 nello spazio Miraggi Migranti all’interno del festival Fabbrica di RomaReact all’ex Cartiera Latina

Per partecipare vi chiediamo donare un contributo su paypal a questo indirizzo.
Il ricavato andrà a sostegno del movimento di cittadini Comune-Info  nonchè bellissimo organo di informazione indipendente che sostengo e di cui mi sento parte.

Se non avete paypal potete donare anche sul momento, basta prenotarsi al mio laboratorio mandando un’email a sabrinadorsi @ yahoo.com

La rete di cooperazione educativa

rete di cooperazione educativa

La Rete di cooperazione educativa è un gruppo di genitori e insegnanti che si interrogano su tematiche educative avendo come riferimenti maestri come Mario Lodi, don Lorenzo Milani, Gianfranco Zavalloni.

Organizzano incontri nazionali di formazione e approfondimento, la possibilità di essere in rete, scambiarsi azioni e buone prassi educative

  • in uno spirito di cooperazione, antagonista rispetto all’enfasi che oggi viene posta sulla competizione e sul ‘merito’
  • con un principio di speranza, contro il cinismo e il disincanto che troppe volte sembrano aver la meglio, con la convinzione che altri modi di vivere e di educare siano possibili.

Ad uno dei convegni nazionali della rete ha partecipata anche VIVERE SEMPLICE portando il mio laboratorio Strategie di comunicazione a scuola: lentezza, calma, gioia e spero di contribuire ancora attraverso il laboratorio che offro domenica 11 ottobre, portando i frutti di 15 anni di impegno come genitore.

Approfondisci

Consulta il programma degli eventi su Fabbrica di Roma React che si svolge l’ ex Cartiera Latina in Via Appia Antica 42 Roma.

Visita il sito della Rete di cooperazione educativa e scopri le date e i luoghi dei prossimi eventi a cui sono invitati a partecipare tutti i genitori e gli insegnanti interessati

Leggi Comune-info

comune info

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copertina_viveresemplice

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Di cosa parla il libro Vivere semplice


Scritto il 22 agosto 2018

Vivere Semplice il libro di Sabrina D'Orsi

Vivere semplice? Sembra un paradosso. Sono madre di 3 figli maschi: il più grande ha 16 anni, il più piccolo 8. Prima di avere figli avevo tanti interessi e una bella carriera ed ero ben poco interessata ai bambini. Poi è cambiato tutto.

La prova del 9: diventare genitore

Diventare madre è stato difficile: ero troppo perfezionista e ansiosa, volevo avere tutto sotto controllo ma sfuggiva sempre qualcosa. I bambini sembravano sempre agitati, urlavano e buttavano tutto all’aria. Vivere semplice non era certo fattibile, con queste bestioline in casa.

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Sapevo solo urlare, deprimermi e poi urlare ancora. Altro che Vivere semplice! Mi sentivo un’incapace. Ci tenevo cosi tanto a fare il mio meglio, ma la mia buona volontà non serviva a niente.

primavera_2006 031

Pensavo fosse colpa mia se i miei figli erano agitati e incontenibili.
Ed era un po’ vero, a dir la verità. Ma questo lo scoprii molto tempo dopo, quando imparai ad esercitarmi quotidianamente per centrare me stessa ed essere meno reattiva, per mettere ritmo, abitudini, consuetudini che hanno reso i bambini molto più sereni, calmi e centrati.

Liberi di giocare tranquilli senza bisogno di fare sempre capricci.

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Imparare ad essere le persone che vogliamo essere

Ecco da dove inizia la normalissima storia di una mamma insoddisfatta di sè che sente l’urgenza di imparare ad essere più efficace e paziente.

I nostri figli imparano da ciò che siamo

Loro imparano dalle nostre reazioni, da quella parte di noi che non controlliamo.

All’inizio è cosi difficile essere le persone che vogliamo, poi scopri che è una questione di volontà e di allenamento: è una sfida.

Una delle più belle della vita perchè alla fine ottieni un doppio risultato (e io adoro i risultati doppi): diventi una persona migliore e la relazione con i tuoi figli, come per magia, diventa armonica.

Dal mio cambiamento è scaturita accettazione e gratitudine per come sono e per il fatto di essere testimone della loro crescita.

E questa gratitudine sembra essere olio nel motore della famiglia, perchè tutti si rilassano e non c’è più bisogno di rivendicare, giudicare, accusare.

 

3 modi di creare relazioni più felici e profonde: ascolta l’intervista su Radio Cusano Campus

 

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Come averlo

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

 

Il libro si può ordinare i qualsiasi libreria o acquistare sul sito della casa editrice con Paypal  la tua copia arriverà entro pochi giorni fresca di stampa.

Il libro è su tutte le piattaforme online come Amazon, Feltrinelli e il Giardino dei Libri. Se hai bisogno di assistenza contatta la casa editrice via email naturaecultura@tiscali.it per ricevere info su altre modalità di pagamento.

 

Mettere in atto il cambiamento

Quello che nel concreto ho fatto per mettere in atto il cambiamento è stato

  • capire cosa conta davvero per me e farne una priorità
  • trovare uno stile di vita semplice, più vicino ai miei bisogni
  • liberarmi dalle opinioni degli altri
  • imparare a pesare le parole e a non usarle come armi contundenti.

A forza di cercare ho capito che per me era importante diventare un essere umano degno di essere imitato.

copertina_viveresemplice

Ritmi e Abitudini

Questo significa smettere di fare una serie di cose e cominciare a farne altre. Quanto è difficile cambiare lo sappiamo tutti, ma il segreto è partire dalle cose più umane e da quelle più quotidiane:

  • instaurare sane abitudini
  • creare dei ritmi di famiglia che ci aiutano a dare una forma alla quotidianità
  • smettere di lamentarsi, di criticare e di giudicare
  • imparare a sbagliare, non essere permalosi
  • mettersi alla prova e non smettere mai di imparare

Il cervello e i sensi del bambino

Perchè i bambini hanno bisogno di adulti cosi per crescere bene?

Nel libro parlo anche di come si sviluppa il cervello del bambino piccolo, di come le esperienze  influenzano l’apprendimento e di come accompagnare il maniera adeguata la crescita del bambino in base alle età evolutive che attraversa.

A partire dai primi mesi di vita fino all’incontro con i media e i social, per aiutarli a gestire la loro identità digitale senza rimanere schiacciati dall’abuso di tecnologia.

Vivere semplice con la scuola steineriana

Certo che parlo anche di scuola steineriana! E racconto alcuni episodi che mi hanno fatto innamorare di questa pedagogia non convenzionale e mi ha ispirato nuovi modi di affrontare le difficoltà.
L’obiettivo non è convincervi che la scuola è migliore di altre ma favorire idee e riflessioni nuove per chi non la conosce e di raccontare a chi la conosce il mio punto di vista su questo approccio educativo prezioso e peculiare, che tanto mi ha ispirato in questi anni.

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Il libro si può ordinare i qualsiasi libreria o acquistare sul sito della casa editrice con Paypal  la tua copia arriverà entro pochi giorni fresca di stampa con un costo di spedizione di 3,50 euro.

Il libro è su tutte le piattaforme online come Amazon, Feltrinelli e Il Giardino dei Libri. Se hai bisogno di assistenza contatta la casa editrice via email naturaecultura@tiscali.it per ricevere info su altre modalità di pagamento.

 

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Crisi e crescita personale

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Crisi e crescita personale


Scritto il 19 febbraio 2018

@jakeufkes

@jakeufkes

Per alcuni non è chiaro cosa siano i percorsi di crescita personale e l’equilibrio interiore, ma è difficile per gli altri spiegarlo con parole comprensibili.
Perchè è un bisogno e comunicare i propri bisogni significa ammettere di aver bisogno di essere capiti dagli altri. Imbarazzante. Inoltre magari è un bisogno che non tutti hanno.

Trovare parole per descrivere quel senso di straniamento, di isolamento, di perdita di senso, di impotenza che ci allontana da noi stessi richiede cautela.

Molte persone sentono il bisogno di incamminarsi in un nuovo percorso di vita che faccia chiarezza. Non si sentono a loro agio nella contemporaneità e cercano modalità e strategie per riorganizzare il proprio essere nella vita di tutti i giorni.

Il motivo può anche non essere la contemporaneità con i suoi malfunzionamenti, può trattarsi di una crisi personale che arriva (non per caso) ad un certo punto della propria vita oppure che giunge più volte in fasi diverse.

Crisi_Biografiche Natura e Cultura editriceHo trovato un libro che esprime tutto quanto con le parole migliori possibili e ne da conto attraverso un breve excursus storico delle correnti di pensiero che se ne sono occupate.
E’ Crisi biografiche, occasioni di vita. Lo sviluppo dell’uomo tra giovinezza e anzianità.

L’autore è Bernard Lievegoed psichiatra di formazione, pedagogo, docente universitario olandese e fondatore dell’Istituto Pedagogico Olandese per il Commercio e l’industria.

Qui c’è la scheda del libro Crisi Biografiche casa editrice Natura e Cultura. Puoi comprarlo sul sito Feltrinelli con lo sconto del 15%.
Questa non è una pubblicità, ma un caloroso invito alla lettura per persone che come me sono alla ricerca delle vere domande e delle proprie personali risposte esistenziali.

L’autore, come figure del calibro di Adriano Olivetti ha saputo portare le peculiarità delle varie fasi dello sviluppo personale all’interno degli apparati organizzativi.

Essere in ascolto della vita

Una cosa è certa: per chi vive ascoltando la propria voce interiore la quotidianità non è facile perchè il proprio agire e pensare non sono più guidati dai luoghi comuni e dalle convenzioni sociali.
Che cosa ci guida allora?

Le azioni che compiamo tengono in considerazione molteplici fattori e si accompagnano ad intuizioni, associazioni di significato,  attribuzione di valore, stati d’animo che influenzano il modo stesso di percepire il mondo. Detto in altre parole: vivere con consapevolezza fa assumere alla vita significati molto diversi da quelli usuali e impone di cercare senso in pieghe inedite della vita e di non smettere mai di scavare sotto la superficie delle cose.

Le età della vita

Il corso della vita umana che compone la biografia dell’uomo è una vera e propria opera d’arte che si dispiega sotto tre punti di vista: quello biologico, quello psichico e quello spirituale. Il lavoro biografico è una pratica terapeutica e di autoeducazione di ispirazione antroposofica il cui obiettivo è quello di risvegliare un nuovo sguardo su se stessi che sia foriero di nuove domande e nuovi punti d’osservazione.

Durante la vita esistono tappe più o meno obbligate che l’uomo si trova a compiere, e ogni fase è caratterizzata da elementi particolari. Esistono vari modelli secondo i quali la vita dell’uomo viene suddivisa in periodi, molto simili in tutte le culture e le epoche.
Il metodo greco dell’ hepdomaden: 10 fasi da 7 anni ciascuna che i romani hanno accorpato per creare una suddivisione in fasce da 14 anni l’una fino ad arrivare alla psicoanalisi di Freud e alla psicologia dell’età evolutiva.

Nell’adolescenza insieme alla provvisorietà c’è l’assolutezza delle propri convinzioni, il rifiuto del compromesso, la protesta contro l’ingiustizia, il coraggio di iniziare ad assumersi la propria responsabilità individuale.
Nella fase mediana della vita (21-42 anni) il carattere si è plasmato con il superamento degli ostacoli e delle resistenze della vita. Disillusione e oggettività sono il prezzo da pagare, il pone ora la domanda decisiva, se sia possibile trovare altri, nuovi valori.
Scoprire che noi stessi siamo questi valori, nella misura in cui li realizziamo nella nostra esistenza personale, mi giunge forte e chiaro dopo quasi 15 anni che mi esercito.

Ricordate quando avevamo i bambini piccoli e dicevamo a noi stessi che volevamo essere umani degni di essere imitati, avendo appreso i fondamentali effetti che l’imitazione aveva sui bambini?

Fare per gli altri, fare per sè

Ci siamo esercitati a diventare degni di incarnare quei valori e lo abbiamo fatto solo per amore dei nostri figli ma poi ci siamo accorti che quell’obbiettivo era duplice: lo facevamo per loro nella stessa misura in cui lo stavamo facendo per noi, per trovare i nostri valori fondativi e il nostro leitmotiv.

…il leitimotiv si può cogliere nella reazione dell’individuo ai fattori ereditari e all’educazione ricevuta …

A me questa una riflessione sembra una bomba: intuitivamente lo sapevo già ed è il motivo per cui mi sono appassionata negli anni alla pedagogia. E’ anche il motivo per cui mi sento una sopravvissuta anzi una resiliente e sono grata alla mia famiglia per le difficoltà che mi ha portato involontariamente incontro.

Avere coscienza del proprio valore

Avere coscienza del proprio valore (conoscenze, esperienze di vita e capacità di giudizio) e contemporaneamente liberarci dalla prigionia dell’ego (volontà di affermazione personale, aspirazione di potere): ecco la missione da compiere tra i 40 e i 50 anni secondo l’autore.

Dopo ci sarà solo più da decidere una volta per tutte con quale atteggiamento andare incontro alla vita che resta e sarà il momento di porsi nuove domande. Non più chi sono ma per quale scopo voglio impiegare i miei talenti? qual è il mio vero compito?

E’ necessario fare è allargare il proprio orizzonte, fare il punto della situazione, correggere la rotta per realizzare il proprio fine, lo scopo. Che cosa voglio? Sono nel posto giusto? 

L’autenticità delle persone

Ti capita mai di sentire un adolescente esprimere un giudizio impietoso ma verissimo a proposito di un adulto o di un insegnante? E come se fosse in grado di fargli radiografia morale.
I giovani sanno riconoscere a prima vista chi ha saputo liberarsi dalla prigionia dell’ego e lo considerano personale autorevole e di riferimento. Tutti gli altri non contano più nulla per lui perchè non è attratto nè dalla posizione, nè dal sapere, nè dal prestigio di queste persone.

Esercitare l’imperturbabilità

Alla ricerca di un equilibrio sempre più ambito sono approdata alla meditazione ma questo è un altro paio di maniche. L’autore ne parla a tratti soffermandosi sull’introspezione, sullo studio fenomenologico e su quella che Rudolf Steiner chiama la concezione goethiana del mondo.

Ma non voglio dirvi troppo… buona immersione in voi stessi.

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se hai 13 anni usa la bicicletta invece dello smartphone. cresci meglio!

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Meglio la bicicletta dello smartphone


Scritto il 18 gennaio 2018

usa la bicicletta invece dello smartphone. cresci meglio!
photo credit:Florian Klauer

Seguo con passione il mondo dei media: che fine faremo noi e i nostri figli dopo lo tzunami smartphone e social?

In questi anni mi sono fatta delle idee, ne parlo anche nel mio libro VIVERE SEMPLICE, ma quando c’è a Roma Alberto Pellai e mi fiondo a sentirlo per sapere come la pensa.

Alberto Pellai è medico e psicoterapeu­ta dell’età evolutiva, autore di molti libri e del sito tuttotroppopresto.it: un esperto insomma, mica come me che sono solo una mamma di tre figli maschi!

Quando è il momento dello smartphone?

Parliamo di smarphone perchè qui non ci sono in ballo le telefonate, c’è ben altro. Consegnare il telefonino significa mettergli in mano social, whatsapp, youtube e tutto il resto, lo sappiamo.

Il dottor Pellai ha esordito con il cappello di padre di 4 figli per cui vige la regola puoi avere lo smartphone a 14 anni.

Una rivoluzione durata 5 anni

Con il primo figlio oggi 17enne è stato facile perchè si parla di una decisione presa 3 anni fa, per gli altri è più complicato: la secondogenita afferma di sentirsi una sfigata e il terzogenito odia la bicicletta che gli hanno regalato in prima media.  Voleva lo smartphone.

skateboard in riparazione

Insomma sembra la nostra storia

Noi abbiamo deciso che a 12 anni avremo concesso lo smartphone senza internet (solo wifi) e con contratto telefonico a consumo. Per tutti i figli e dopo la firma contratto d’uso.

Ora il figlio grande 15enne quando vede il piccolo di 8 anni che alle 21 gioca con il mio smartphone mi chiede se mi sono bevuta il cervello. “Io andavo a letto alle 7.30 e non ho mai preso uno smartphone in mano neanche per fare una foto” dice. Ha ragione.

Se cerco di dirgli che i tempi sono cambiati non mi crede, non ne ha la percezione. In 5 anni ne sono passati 20, lo dice anche Pellai.

Se gli spiego che mezz’ora di tecnologia al giorno in terza elementare è un buon compromesso mi dice che sono una fallita perchè ho gettato la spugna. Forse ha ragione.

Se non è la bici purchè sia…

Basta che ci sia vita nei nostri ragazzi e non solo tecnologia! Il tredicenne di casa è fissato sia con lo smartphone che con lo skateboard. A forza di dirgli “metti giu quel telefonino” ha trovato un sano equilibrio tra le due cose e ora usa la tecnologia per fomentare i suoi (sani) interessi.


Per il resto passa le giornate a farsi prendere a parolacce dai vecchietti mentre va in skate sui marciapiedi. La cosa importante però è questa:

Glielo lasciamo fare!

Lo lasciamo andare al Maxi o all’Ara Pacis da solo in skate. Fa una decina di isolati sul marciapiede del lungotevere con quell’aggeggio solo per trovare una superficie liscia.

Il sabato lo portiamo al Bunker Skatepark o a Cinecittà Skatepark per assecondare la sua voglia di mettersi alla prova.

E’ una palla? Si, preferiremmo andare al cinema. Questa passione lo tiene un po’ lontano dalla tecnologia e più  vicino a se stesso. E ne vale la pena!

Se vuoi ascoltare l’incontro con Alberto Pellai ascoltala qui:

Temi dell’incontro

Pericoli e opportunità del mondo digitale.
Lo smartphone come alcool e tabacco: da vietare ai minori?
Pre-adolescenza: e se fossero i genitori il problema?
Dalla musica al cinema, dal web alla tv: difendere i ragazzi dai messaggi di un contesto iper-eccitato.
Il tiro alla fune tra genitori e figli: una precisa strategia educativa.

 

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l'empatia si impara a scuola - contro il bullismo

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L’unico motivo per mandare i figli alla scuola steineriana


Scritto il 08 marzo 2017

l'empatia si impara a scuola - contro il bullismo

Se state leggendo questo articolo è perchè ho usato un piccolo stratagemma retorico, non arrabbiatevi. Volete sapere l’unico motivo per cui ha senso mandare i figli in una scuola steineriana? Ebbene, sappiate che i motivi sono tanti e questo blog è il posto giusto per scoprirli.

Ma oggi in occasione del 2 aprile, giornata mondiale di consapevolezza sull’autismo. Stavo leggendo l’articolo di una madre che chiede agli altri bambini di non fare i bulli contro suo figlio autistico e ho pensato quando la scuola e la famiglia siano di fondamentale importanza per crescere persone che hanno rispetto degli altri.

Se siamo nelle condizioni in cui siamo dobbiamo quindi guardare meglio a ciò che non funziona proprio li: nelle scuole e nelle famiglie. C’è indifferenza e scaricabarile. Prendersi delle responsabilità sembra la cosa più difficile del mondo. Soprattutto per noi adulti.

Imparare a stare con gli altri

Per imparare il rispetto dell’altro a scuola è necessario che gli insegnanti siano persone che tengono in conto l’essere umano non solo per sue competenze e che si prendano cura della sua socialità. Maestri che dedichino tempo alla condivisione delle emozioni e della comune umanità sempre più data per scontato e bambini che abbiano tempo per relazionarsi tra di loro.

L’attenzione solo ai programmi e ai compiti in classe non creano un mondo migliore.

Perchè imparare a stare con gli altri, con tutti gli altri, è un elemento fondativo della società e dell’essere umano. Alla scuola steineriana i bambini saranno stati poco scolarizzati ma di sicuro imparano il rispetto degli altri, la cura, l’attenzione per i più deboli e il valore della diversità. Almeno questa è la nostra esperienza!

Potete anche obiettare che nella scuola steineriana i bambini gravemente disabili sono pochissimi e questo è vero (mi piacerebbe raccontarvi cosa fanno con i cosiddetti ADHD). Ma non basta avere un compagno disabile per imparare ad accettarlo, soprattutto se i docenti non sanno come relazionarsi e finiscono per essere i primi a metterlo involontariamente da parte perchè non dia fastidio.

Raccontare il valore della diversità

Per imparare il valore della diversità bisogna essere dei diversi forse e quelli della scuola steineriana lo sono. Per loro sono importanti prima di tutto l’empatia, le capacità relazionali dei bambini, la loro possibilità di diventare esseri umani virtuosi, rispettosi, degni di essere imitati. Solo dopo vengono le abilità cognitive, la performance, i bei voti. Per questo vengono presi in giro e vessati da tanti supponenti esperti che hanno certo altre priorità in mente.

Forse è per questo che in generale mi sento di dire che i bambini che provengono dalla scuola steineriana hanno rispetto e cura degli altri, proprio perchè sanno quando è difficile pensarla diversamente dalla massa e quanto si viene per questo costantemente attaccati.

Più attività per imparare a stare insieme

In queste pagine e anche nel mio libro trovate la narrazione di tante attività che si fanno nella scuola steineriana: giocare, lavorare a maglia, fare arte che lavora sulla sfera emotiva (e che allena la nostra capacità di commuoverci), fare geometria usando il corpo, saltare la corda per imparare le tabelline. Ebbene, tutto ciò forse può sembrarvi fuori tema in questo articolo. Ma se andate un po’ sotto la superficie troverete nessi interessanti.

Ps: Ovviamente non è solo la scuola steineriana ad occuparsi dell’essere del bambino in tutta la sua integrità. Vi parlerò presto di un’altra scuola meravigliosa che ho conosciuto ma è una sorpresa per soli torinesi.

Vivere semplice, il libro

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Il libro si può ordinare i qualsiasi libreria o acquistare sul sito della casa editrice con Paypal  o su tutte le piattaforme online come Amazon (con lo sconto del 15%), Feltrinelli e il Giardino dei Libri.

Se hai bisogno di assistenza contatta la casa editrice via email naturaecultura@tiscali.it per ricevere info su altre modalità di pagamento.

Ho l’ambizione di dire che questo libro è per tutti i genitori e insegnanti, quelli che hanno figli ed alunni normodotati e quelli che ne hanno speciali. Anche per loro serve inclusione, ma per chi non serve?

E visto che il libro parla di sfide qui sono benvenuti tutti i coraggiosi.

Evento speciale a Roma

bes4maggio

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l'anonimato e l'autoregolazione del comportamento

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L’anonimato: un ottima occasione per…


Scritto il 18 gennaio 2017

Questa è la quarta puntata della recensione del libro geniale “Demenza Digitale” un libro che dovreste leggere per farvi un’idea più concreta del fatto che ben presto, sotto l’influsso di tutta questa tecnologia, invece di diventare più smart, più interattivi e multitasking diventeremo semplicemente più scemi e disadattati. L’autore sostiene questa posizione in modo meno polemico e più argomentato di quanto piace fare a me, ecco perchè mi sono la presa la briga di raccontarvelo. (le altre puntate le trovate in calce)

Sotto il potente veicolo dell’anonimato possiamo permetterci comportamenti criticabili senza subire conseguenze, senza il timore del controllo sociale: ecco perchè, aggiungo io, internet favorisce i comportamenti asociali, il bullismo e fomenta il terrorismo. 

Tutte le abilità dell’uomo sono il frutto dell’attività di determinate zone del cervello, per esempio la capacità di adattarsi alle situazioni sociali è regolata dall’attivazione della corteccia orbito-frontale, anche l’empatia sociale ovvero la capacità di immedesimarsi nel prossimo è frutto dell’attivazione della stessa area celebrale. Un’area le cui dimensioni sono connesse in modo direttamente proporzionale all’ampiezza della rete sociale reale di una persona. In pratica le dimensioni del tuo cervello variano a seconda delle dimensioni del gruppo di persone che frequenti. Non male no?

Ora parliamo di Facebook, la più diffusa e condivisa piattaforma di interazione sociale digitale. Occorre prima di tutto distinguere quanti anni hai: se hai più di 25 anni probabilmente tra le tue conoscenze online e gli amici reali c’è una stretta correlazione (hai tanti amici quanti amici virtuali o poco meno) ma tra i ragazzi più giovani esiste un rapporto negativo tra reti sociali e digitali: chi ha molti amici virtuali ne ha pochissimi in carne ed ossa perchè le amicizie su facebook vanno a detrimento di quelle reali anche solo per motivi di tempo (o ti dedichi ai primi o agli altri, il tempo non è mai molto). Ma non è possibile fare entrambe le cose?

Se sei già un adulto avrai avuto modo di coltivare i tuoi contatti nel mondo reale e potrai continuare a farlo anche sul web ma se sei troppo giovane questo tempo ti è mancato e la rete non potrà darti la stessa occasione: quelle esperienze che sono fondamentali per un sano sviluppo psicofisico, esperienze che possono essere fatte dal vero come la regolazione del comportamento sociale, vengono inibite dall’uso massiccio dei media digitali.

Ecco perchè occorre che i bambini e i ragazzi di tutte le età escano, vadano nel mondo, facciano sport, stiano insieme e tornino stanchi a casa senza tanta voglia di incollarsi agli schermi, o almeno senza il tempo di passarci 5 o 6 ore davanti. Per quanto mi riguarda poi sostegno che i ragazzi dovrebbero avere accesso ad internet sul telefonino solo dal wifi di casa o dai wifi che trovano in giro: troppo facile avere l’abbonamento all inclusive, per poter navigare su internet anche quando sono in classe, cosi gli facciamo un vero danno!

Altri articoli che parlano di Demenza Digitale

  1. Come tenere il cervello in allenamento (e perchè si modifica costantemente)
  2. Si può smettere di usare il cervello? Alcuni pensano che gli adulti del futuro saranno più stupidi di noi.
  3. Com-prendere la realtà per imparare
  4. Memorizzare nel cervello o archiviare nel cloud?

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Cosa serve per avere una buona relazione con i figli?


Scritto il 18 maggio 2016

Fabio Alessandri è un maestro e un formatore di insegnanti nell’ambito della pedagogia steineriana ma prima di tutto è un amico ha saputo stare vicino alla nostra famiglia e darci consigli che in questi anni si sono rivelati utilissimi e preziosi per fare i genitori.
Ecco secondo lui cosa serve per stabilire una relazione di cura con i bambini.

Le nostre priorità

Il tempo che dedichiamo alle cose ci parla delle nostre priorità. Facciamo un esempio: se dobbiamo cucinare per qualcuno sappiamo che dobbiamo prepararci per tempo.
Cominciamo col pensare cosa cucineremo, andiamo a fare la spesa, la portiamo a casa e iniziamo il lavoro. Quando è pronto apparecchiamo e solo a questo punto possiamo far sedere a tavola la persona per cui abbiamo tanto lavorato. Alla fine del pasto riordiniamo, laviamo tutto quanto abbiamo utilizzato. Questo mostra che il tempo che dedichiamo alla preparazione di un buon pasto è infinitamente maggiore di quello che passiamo a tavola con le persone per cui abbiamo cucinato.

Quando abbiamo delle difficoltà con i nostri bambini però non mettiamo a frutto l’esperienza che abbiamo maturato in cucina. Ci facciamo un sacco di domande per cercare di spiegarci i loro comportamenti «indesiderabili» e non ci accorgiamo che il tempo dedicato alla preparazione di quanto offriamo ai bambini è del tutto insufficiente. Crediamo che l’educazione si giochi nel momento in cui stiamo con loro e non ci accorgiamo che – proprio come quando facciamo da mangiare – dobbiamo lavorare prima e dopo il momento in cui stiamo con loro e sapere esattamente cosa preparare e come.

Trascurare ciò che conta davvero

A che si deve questa trascuratezza nella preparazione dell’incontro con i propri figli? Probabilmente dipende dal fatto che siamo abituati a nutrire il corpo, ma non l’anima che lo abita. L’esistenza di quest’ultima, nella nostra cultura, è quanto mai dubbia e perciò non ci si occupa del suo nutrimento. Così l’anima, invece di crescere e svilupparsi, intristisce e deperisce.

Se però ci siamo accorti che l’anima esiste e per poter crescere sana e forte ha bisogno di essere nutrita tanto quanto il corpo, dobbiamo trovare il tempo per prepararci adeguatamente a saziare l’anima dei nostri figli. Bastano anche solo cinque minuti al giorno. Cosa fare in quel breve tempo?

Fare chiarezza

Tanto per cominciare bisogna esercitare lo sguardo retrospettivo su quanto abbiamo fatto. Dobbiamo riuscire a ricordare con precisione gli eventi vissuti senza giudicare, criticare o interpretare i comportamenti nostri e degli altri. Si può procedere scegliendo un episodio particolare della nostra vita con i bambini nel quale è sorta una qualsiasi difficoltà e ricostruire con la memoria i fatti, dipingendo la scena come se guardassimo un film o uno spettacolo di teatro, cercando di ricordare il maggior numero di particolari possibile. Ci si può allora accorgere di come il nostro pensiero tenda ad allontanarsi dai fatti per commentare, giudicare, criticare o interpretare quanto abbiamo vissuto.

Osservare i pensieri e gli stati d’animo

L’osservazione interiore perciò deve svolgersi su due piani paralleli, da un lato dirigendosi al ricordo di quello che è successo, dall’altro ai pensieri e ai sentimenti sorti in noi in quell’occasione. E dobbiamo imparare a guardare ai nostri sentimenti e ai nostri pensieri con lo stesso distacco con cui guardiamo agli altri. In questo modo creiamo in noi uno spazio interiore all’interno del quale possono sorgere nuove idee riguardo al nostro modo di comportarci con i bambini.

Il processo può essere condotto gradino dopo gradino, passando dal ricordo dei fatti al ricordo degli stati d’animo e infine dei pensieri formulati – più o meno consapevolmente – nella circostanza considerata. Se ricordarsi esattamente i fatti nei particolari non è semplice, ancora più difficile è accorgersi dei pensieri che accompagnavano la nostra azione. Gli stati d’animo invece sono quelli che ricordiamo con più facilità.

Con l’esercizio si può a poco a poco riuscire a far tacere il pensiero intellettuale in noi, che vuole sempre giudicare le azioni, valutarle, interpretarle, spiegarle. Quando riusciamo finalmente a far tacere l’intelletto siamo pronti a ricevere qualche nuova intuizione.

L’intuizione

Si tratta allora di immaginare con fantasia che cosa avremmo potuto dire e fare di completamente nuovo per noi nella situazione che stiamo ricordando. Non dobbiamo prescriverci un qualsiasi comportamento futuro, ma solo inventarci un diverso intervento da collocare nel passato, al posto di quello che abbiamo tentato senza successo. Così facendo rafforziamo la nostra fantasia e ci predisponiamo ad avere idee nuove al momento giusto.

La pratica qui brevemente descritta porta i suoi frutti se coltivata in modo ritmico e costante e costituisce una buona educazione ad una migliore percezione dei bisogni dell’altro. Se giustamente intesa ed esercitata può mostrare la sua forza anche dopo poco tempo, ma solo una disciplina più lunga potrà creare in noi abitudine e capacità, così come avviene in cucina: si può preparare un singolo pasto con buoni risultati, ma ciò non significa essere capaci di farlo tutti i giorni.

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Edgar Morin Insegnare a vivere

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Che cos’è il saper vivere e come si insegna e si impara a scuola?


Scritto il 15 agosto 2015

Edgar Morin Insegnare a vivereHo trovato in libreria Insegnare a vivere, manifesto per cambiare l’educazione di Edgar Morin Raffaello Cortina ed. ed il titolo mi ha solleticato una bella curiosità: vorrei raccontarvelo.

Condivido pienamento le premesse con le quali inizia questo libro, che ho letto con piacere pur continuando a chiedermi perchè la passione per l’educazione è sempre cosi forte in me e cosa mi spinga a sentirmi un’educatrice anche se non ho titoli. Sono soltanto una mamma!
Ebbene il libro debutta cosi: l’aspirazione al ben vivere richiede l’insegnamento di un saper-vivere nella nostra civiltà e ciò diviene sempre più necessario “nel degrado della qualità della vita sotto il regno del calcolo e delle quantità… nell’accelezione generale, dal fast food fino alla vita sempre più cronometrata”.
Si lo sappiamo bene, ormai conta più quanto sanno i nostri che non cosa sanno. E’ una questione numerica: quante lingue studiano, quanti sport fanno, quante capitali europee ricordano a memoria, quante espressioni sanno fare in un’ora. E’ tutta una questione di quantità. Quello che provano, quello che vivono, i dubbi che hanno contano pochissimo.

Ma che cos’è veramente il saper vivere e come si insegna e si impara a scuola?

Questo libro pretende di essere fonte di ispirazione per gli insegnanti di ogni grado, in realtà altro non fa che iper-intellettualizzare chi dovrebbe coltivare relazioni autentiche con gli studenti per permettere loro di esperire la conoscenza, appassionarsi ad essa, godere del sapere e dell’apprendere senza doppi fini quali la valutazione o ancor peggio la mera ostentazione.
Morin filosofeggia di insegnamenti al di là delle singole discipline, senza peraltro fare esempi concreti su come si potrebbe insegnare storia, geografia e chimica in modo non disgiunto o portando esempi che sarebbero validi per l’insegnamento universitario e affermando che tali metodi sono applicabili anche nella scuola primaria.
Morin non ha capito che il bambino ha bisogno di imparare semplicemente dal racconto appassionato e declinato in modo evocativo dall’insegnante che si muove a braccio, senza libri, senza traccia e che sa usare la sua sapienza di adulto che collega fatti ed eventi attraverso l’intuito e la sua capacità critica, non quella che dovrebbero già possedere i bambini.(ha senso tenere in alta considerazione la professione di insegnante se è davvero tale e non se si limita a seguire pedissequamente le due o tre paginette di sussidiario, quello saprebbe farlo chiunque).

Genitori ed educatori spesso non sanno che…

Il bambino si nutre di immagini e quelle ricorda, che sia la storia vissuta attraverso le biografie dei grandi personaggi come geografia insegnata con le foto di viagio dell’insegnante stesso (questa era la fortuna che ho avuto io alle medie). Sono le cose semplici e vere, portate con il giusto ritmo ripetitivo e cadenzato che rimangono impresse nello studente.
E questo succede solo se c’è il tempo di farlo succedere o i tempi diversi di ogni alunno. Il bambino interrogato sarà in soggezione ma il solo ricordare lo aiuterà a sedimentare la nozione appresa, l’immagine impressa.

Questo Morin non lo sa. Lui pensa che l’insegnante debba insegnare a “sapersi distanziare, sapersi oggettivare, sapersi accettare, sapere meditare, riflettere (cit. pag 27)
Io dal basso della mia ignoranza dico che non sono daccordo: queste cose non si insegnano, si praticano e basta e forse vengono assorbite come metodo con la forza dell’imitazione ma non possono essere materia di insegnamento.
Quando poi cavalca il tema dell’incertezza chiamandola ecologia dell’azione allora prego che gli insegnanti che in questi giorni estivi sono in vacanza si prendano una pausa dagli intellettualismi di Morin, rigenerino le loro energie con lunghi bagni al largo o passeggiate meditative e solitarie in alte vette invece di leggere questo libro e si preparino ad affrontare un nuovo anno scolastico con freschezza, ritrovando un ritmo sano e proprio del bambino, guaritore di ogni aspettativa.

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strategie di comunicazione a scuola: lentezza, gioia, calma

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Strategie di comunicazione a scuola: lentezza, calma, gioia


Scritto il 17 ottobre 2014

strategie di comunicazione a scuola: lentezza, gioia, calma

La comunicazione a scuola funziona poco, tutti lo dicono. Tra i banchi c’è qualcosa che non va. Che cosa?

I ragazzi non hanno più voglia di studiare. Gli insegnanti sono sopraffatti ed esausti forse per la fretta di portare a termine un programma didattico che non corrisponde più alle esigenze di bambini e ragazzi. E’ possibile trovare altri modi?

Ne parliamo questo fine settimana a Sant’Arcangelo di Romagna in un convegno della Rete di cooperazione educativa C’è speranza se questo accade sullo Spazio dell’educazione dove ci incontriamo per discutere, confrontarci, scambiarci idee ed esperienze, condividere passione…

La lentezza si impara e si insegna

è il titolo del mio laboratorio di domenica mattina (19 ottobre) dalle 9 alle 12:

Servono delle strategie di comunicazione anche a scuola per imparare a gestire meglio le relazioni e creare un ambiente solido, gioioso e piacevole dove insegnanti e alunni non siano dietro una barricata ma collaborino e siano sereni.

lato A) Gli insegnanti

  1. Come trovare i giusti spazi e tempi di lavoro e di comunicazione interpersonale
  2. Come creare spazi e tempi di auto-formazione

Insegnare il valore della lentezza e silenzio, l’importanza di non avere fretta, la fregatura del multitaskingEsempi pratici e indicazioni che possono aiutare ad instaurare un ritmo più lento senza perdere in produttività.

lato B) Bambini e ragazzi

Come capire meglio i loro bisogni e adattare l’insegnamento per bambini e ragazzi che non hanno tempo, che non possono più vivere senza tecnologia, hanno mille stimoli e poca voglia di apprendere frontalmente senza stravolgere completamente il programma.

(da tutti i link che ho inserito capite che su Vivere semplice si parla spesso di questo argomento)

E voi insegnanti e genitori, cosa fate per creare un clima di quiete, calma e lentezza in classe o a casa? Ogni contributo è benvenuto.

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Prepararsi per gli imprevisti: come essere pronti a tutto

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Prepararsi per gli imprevisti: come essere pronti a tutto


Scritto il 07 agosto 2014

I giorni di vacanza sono anche un momento per fare il punto della situazione: vedere cosa c’è nella mia vita, eliminare l’inutile, capire quali sono le zavorre e le perdite di tempo, creare un piccolo spazio mattiniero solo per me di cui vi parlerò presto e prepararmi ad accogliere il nuovo.

Le domande sembrano semplici come al solito ma non lo sono.
Cosa è inutile? Lo è davvero? E se mi serve domani? Dove lo metto?

vento

Raffiche di vento sulla pericolosissima Scala dei Turchi

Ci sono vari modi per prepararsi ad accogliere (o affrontare) il nuovo e l’imprevedibile (un nuovo progetto, un lavoro, la crisi, una perdita, una discussione con una persona cara, o l’apocalisse).

Un modo è quello di organizzarsi e tenere tutto pronto per qualsiasi evenienza, ma questo implica uno sforzo enorme perchè non puoi prevedere cosa arriverà e rischi di passare la vita a prepararti per tutto e non essere mai davvero pronto.

Un altro modo è imparare alcune abilità di base che ti fanno sentire pronto a tutto: una specie di kit di sopravvivenza agli imprevisti.

KIT

Il kit di sopravvivenza

La base. Prima di tutto dobbiamo occuparci di un paio di dettagli fondamentali sistemati i quali possiamo allungare lo sguardo e il respiro: se hai dei debiti devi trovare il modo di estinguerli o creare un piano per rientrare  il più presto possibile, avere un fondo di emergenza, spendere meno di quanto guadagni, investire i risparmi.
Se hai dei problemi di salute te ne devi occupare subito, non rimandare. Investi parte del tuo tempo nel mangiare più cibi integrali e meno elaborati e dedica un po’ di tempo tutti i giorni per  tenerti in forma. Se ti occupi di cose pratiche relative al tuo benessere ti sentirai subito meglio.

Consapevolezza. Inizia con una piccola meditazione quotidiana – concentrati sul respiro per pochi minuti ogni mattina e comincerai a sviluppare una nuova attenzione, sarai più presente, più vigile e più capace di influenzare positivamente il tuo umore. Saprai governare meglio stress, ansia, rancore e avrai più potere decisionale su te stesso perchè saprai riconoscere meglio i tuoi sentimenti e vederli per quello che sono realmente. Trova il tuo modo, puo’ anche non essere yoga, ma deve essere un’attività che risveglia la tua consapevolezza.

Lasciar andare. Impara ad accettare le cose che succedono senza prenderle come un accanimento personale. Non  sempre è possibile fare quello che vorremmo o a farci considerare per quello che realmente siamo. Pazienza! Saper accettare le situazioni difficili è frutto di grande pace interiore. Al contrario non essere in grado di accettare porta a grande sofferenza.

Rimanere dentro le situazioni difficili. Accettare la realtà per quello che è in quel momento non significa rimanere inermi. Significa accettare anche il dolore che proviene dalla delusione  e poi capire come rispondere  senza la rabbia, frustrazione, ansia, risentimento. Non scappare dalle situazioni difficile ma fermasi a guardarle con il maggior distacco possibile, e darsi tempo per reagire senza rabbia o frustrazione ma con calma e compassione.

Gratitudine. La realtà può essere davvero dura in certi momenti, possiamo lottare per cambiarla o accettarla per quello che è, ed essere grati per questo. Certo questo shift mentale richiede pratica, perché è difficile essere grati quando senti che sei stato trattato male, o hai perso un lavoro, o hai perso una persona cara, o stai combattendo una malattia. Questa è la realtà che hai in questo momento, non l’ideale che avresti voluto. Ed è una realtà che contiene bellezza, se scegli di vederla.

Questa è la traduzione, rivista e ampliata, di un post che Leo Babauta ha scritto sul suo blog Zenhabits.org che, se leggete l’inglese vi invito a leggervi tutto d’un fiato. E’ meraviglioso.

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La cosa più importante che hai è gratis ed è illimitata

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La cosa più importante che hai è gratis ed è illimitata


Scritto il 04 agosto 2014

attenzione: l'unica risorsa gratis e illimitata che possiedi

La cosa più importante che hai è la tua attenzione.
E’ gratis ed è illimitata se sai gestirla nel modo giusto. Puoi produrla a zero costi, puoi regalarla agli altri e puoi anche decidere di sprecarla.
L’unico problema è che hai un tempo limitato per usare tutta la tua l’attenzione: è la tua giornata.

Ogni giorno ci facciamo incastrare da un sacco di distrazioni, alcune sono maledettamente cool, ma riuscire a tenere l’attenzione su ciò che conta davvero (almeno per 10, 20, 40 minuti al giorno, a seconda del livello in cui sei) rende la mia vita più semplice, gioiosa e soddisfacente. E’ proprio il mio obiettivo! Lo vivo come il mio personale videogame.

distrazioni

Non si tratta di lottare contro le distrazioni: quello che voglio è riconoscere le cose per quello che sono veramente e dar loro il giusto peso.

Ho pochissima memoria, forse proprio perchè do retta a troppe distrazioni ed ultimamente ho le idee anche più confuse. Ho ragionato molto sul perchè e ho capito che tendo a credere che le principali risorse siano le cose che posseggo, i libri che ho appena acquistato e che voglio leggere, i vestiti nuovi che aspettano di essere indossati per la prima volta, o ancora l’efficienza e la produttività che riesco a mettere in campo ogni giorno: sbagliato.

La mia risorsa più importante è l’attenzione e la uso bene quando riesco a calarmi dentro l’attività che sto svolgendo per godermela appieno, qui e ora. Ma è più difficile di quello che sembra: sono come una formichina sempre alla ricerca di qualcosa, che rimanda l’approfondimento per cercare ancora, che scarica e salva pdf per una lettura futura, che accumula materiali da studiare, progetti da realizzare, lavori da finire..

Non vi capita mai di andare in biblioteca ed essere pervasi da una smania di lettura che vi fa prendere 20 libri tutti insieme e poi tornare a casa e scoprire che non avrete il tempo di leggerne neanche mezzo e che comunque infondo quei titoli non sono cosi interessanti come vi sembravano? O passare 4 ore su internet e avere la sensazione di non avere letto nè imparato nulla? Le distrazioni sono una droga.

Avere fiducia in me stessa e nelle mie capacità: ecco l’esercizio che voglio fare oggi. Convincermi del fatto che posso e devo dirigere la mia attenzione verso un numero limitato di cose (che sono quelle che hanno più importanza per me). Ad esse posso dedicare risorse illimitate perchè sono piena di energia, di entuasiamo e di voglia di gustarmi la vita.

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Fare qualcosa di eccezionale

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Fare qualcosa di eccezionale


Scritto il 19 marzo 2014

Quante paia di scarpe hanno i vostri figli? Sinceramente: fermatevi un attimo a contarle. Quelle per andare a scuola, quelle da ginnastica, quelle per andare in campagna, quelle pesanti, quelle leggere e gli stivaletti. Come minimo.

Beh, vi dico una cosa: se sei una persona normale (e di scarpe nei hai solo due o tre paia) oggi vieni considerato un pezzente. Cerchiamo di non comprare cose inutili e facciamo una fatica tremenda perchè pare che tutto sia necessario. Non parliamo poi del comprare cose di seconda mano, i pregiudizi sono ancora altissimi. Il motivo è che vuoi risparmiare, confessa!!
Se non hai tantissime cose, mille giacche, mille impegni e mille cose da buttar via allora non vali proprio niente.

photo credits: worklabournewsresearch.tumblr.com/

photo credits: worklabournewsresearch.tumblr.com

Abbiamo bisogno di sentirci appagati e soddisfatti ma non è detto che tutto debba passare attraverso quello che si possiede, quello che si puo’ comprare. Per fare qualcosa di eccezionale non dobbiamo per forza partire per un viaggio intercontinentale o comprare l’ultimo modello di qualsiasi cosa. Anzi sarebbe bello chiederselo? Cosa potrei fare di davvero eccezionale per rendere la mia vita entusismante.

Se puoi comprarti qualsiasi cosa il problema si fa davvero serio.

Si, se avessi problemi economici potresti rifugiarti dietro l’impossibilità di essere felice, ma dimmi, cosa succederebbe se potessi comprarti davvero tutto? Li i nodi vengono al pettine.

Se ci pensi bene una cosa davvero eccezionale è rinunciare a qualcosa. Ne parlavo l’anno scorso a proposito della nostra personale quaresima e più passano gli anni più sento la necessità di procedere per una strada tutta mia, dare meno spiegazioni, essere più autentica e vivere pienamente le mie scelte.

Abbiamo un disperato bisogno di lasciarci sorprendere dalla vita, di trasformare la vita in qualcosa di più sorprendente, forse basterebbe solo guardare meglio quello che abbiamo già, accorgercene e  rinunciarci a qualcosa per qualche giorno solo per sentire cosa si prova a non avere tutto ciò che abbiamo o anche solo una minima parte.

 

 

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Le persone che vorrei essere

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Le persone che vorrei essere


Scritto il 15 ottobre 2013

Alterno momenti di euforia a momenti di grande tristezza. Non sono bipolare, sono disoccupata.
Ma tentando di capirmi e di ascoltarmi, ho capito che non conta dove sono e cosa faccio in questo momento conta moltissimo con chi mi accompagno.

La felicità è una malattia infettiva, se stai con persone depresse diventi depresso, se stai con persone felici diventi fichissimo anche tu. O almeno ti senti tale (poi cosa importa se lo sei veramente…)

Allora oggi dico grazie a Sophie una mamma conosciuta per caso, mezza gitana insegnante di shiatzu, che ha la camera da letto in giardino montata dentro una tenda da circo e mi ha invitato a casa sua senza convenevoli. Semplicemente ha sentito che avevo bisogno di una compagnia…

Per rimanere in compagnia anche stando a casa faccio una lista delle persone che vorrei essere, e vi invito a fare lo stesso sui vostri blog, perchè ad ammirare gli altri non c’è niente di male, e anzi non può che fare bene.

1. L’ho vista su Etsy ed ho voluto essere lei dal primo momento. Fa a maglia cose sfiziosissime, vende su etsy, ha una frangetta fantastica, è bellissima…

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D’accordo ognuno ha i suoi gusti….

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2. Rimane sempre in pole position tra le mie beniamine Rosa Pomar (in questa foto aspettava la seconda figlia che ora ha l’età di Zeno credo). Di Lisbona, Rosa è una delle mamme do-it-yourself più famose del web. Le sue bambole sono ricercatissime e il suo taglio di capelli ho cercato di copiarglielo varie volte ma con poco successo…. Il fatto è che non sono bella come lei.

 rosapomar.jpg

3. Amanda non posso non citarla. Se non ci fosse lei forse ora non sarei qui.

amanda.jpg

4. Poi vorrei essere Annie Leonard, l’autrice di questo video fantastico (su www.storyofstuff.org) che racconta come e perchè il mondo è sommerso di cose. E lo fa in modo semplice, diretto, entusiasmante… come vorrei fare io tutte le cose.

E voi chi vorreste essere?

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Il perfezionismo è una malattia

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Il perfezionismo è una malattia


Scritto il 17 luglio 2013

perfezionismo

Passo la vita a mettere i puntini sulle i. Vedo solo quello che non ho fatto bene, quello che potevo fare meglio e quello che ho sbagliato. Cosa c'è di male? Voglio perfezionarmi, essere all'altezza delle cose, sono ambiziosa, si.

Ma andando a guardare un po' meglio dietro alle cose scopro una serie di riflessioni cosi vere sul perfezionismo che mi disarmano e mi fanno sentire la solita fessa. Ecco, voglio condividerle con voi.

  1. Il perfezionismo crea un continuo stato di scontento, alimentato da una corrente di emozioni negative come la paura, la frustrazione e la delusione.

  2. Se sei un perfezionista non puoi goderti alcun successo perchè c'è sempre qualcosa che avresti potuto fare meglio

  3. Visto che l'errore non è un'opzione realistica per il perfezionista, la paura di sbagliare diventa una forza dominante, il punto in cui si concentra tutta l'attenzione distraendoci e rendendoci meno efficaci e creativi nel risolvere i problemi.

  4. Il perfezionista spreca un sacco di energie dedicandosi alle cose che cerca disperatamente di evitare, l'errore e l'immagine che gli altri si faranno del nostro errore. Questo mina pesantemente la nostra performance, che sia artistica, lavorativa o sociale.

  5. Il perfezionismo, come ogni forma mentis precostituito, ci impedisce di abbracciare nuove sfide e assumerci dei rischi. 

  6. Il perfezionista non può imparare dai propri errori, perchè li rifiuta e cerca di rimuoverli in quanto fonte di sofferenza e di vergogna.

Infine,

il perfezionismo non è in alcun modo collegato alle alte aspettive o all'ambizione come erroneamente viene associato, ma riguarda il nostro rapporto con gli errori che facciamo e a quello che gli altri pensano di noi quando sbagliamo. 

Questa è la sintesi tradotta in italiano di un interessante articolo apparso sul Greater Good dell'Università di Berkeley

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