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Social warning e l’uso consapevole dei media

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Social warning e l’uso consapevole dei media


Scritto il 08 agosto 2021

Social warning è una rete di volontari, tutta italiana, nata per sensibilizzare genitori, ragazzi, e insegnanti all’uso consapevole dei mezzi di comunicazione.

Nasce dall’idea di un giovane che conosce bene la rete, per esserci caduto come vittima di bullismo e per essersi in seguito riscattato diventando proprio un esperto di comunicazione.
Questo ragazzo ha creato il Movimento Etico Digitale di cui Social warning è un progetto operativo.

Sbagliando si impara

E cosi oggi centinaia di formatori sono all’opera in tante realtà aggregative italiane per portare l’attenzione su pregi e difetti dell’uso smodato della tecnologia. Volevo raccontarvelo perchè sono fiera di far parte di Social Warning e perchè credo che sia un’iniziativa lodevole e necessaria.

Uso consapevole dei media?

Quando sai che qualcosa che mangi o bevi può farti male se esageri cosa fai? Stai attento, consumi con cautela ovvero in modo responsabile. Giusto?

Ma quando non hai consapevolezza dei potenziali danni che l’esposizione prolungata a smartphone, videogiochi, sociale network ti procurano chiaramente non fai attenzione.
Ci stai un’ora, 10 ore al giorno. Che differenza fa? Il tempo passa velocemente, tanti amici ti scrivono, hai cosi tante cose da fare che non ti serve neanche più incontrarli, sei sempre e comunque connesso a loro. O almeno questa è la tua impressione. Giusto?

Il tempo che passi al telefono fa la differenza

E’ sempre più evidente a medici e addetti ai lavori che la sovra-esposizione ai mezzi di comunicazione sociali sia deleteria per un’ampia serie di ragioni. I social media ti danno l’illusione di essere in contatto con gli altri quando in realtà sei solo. Whatsapp e le sue notifiche ti danno la sensazione che qualsiasi momento della giornata ci sia una notizia proprio per te, che potrebbe cambiarti la vita. (un nuovo colloquio di lavoro? un nuovo potenziale fidanzato? ecc.. ecc..)

Cosa dicono gli esperti

Le ricerche parlano chiaro, ecco solo alcuni degli effetti a lungo termine:

Ad ogni età sono riscontrabili effetti diversi, che vanno dalla progressiva perdita di empatia, capacità di attenzione e concentrazione, autostima, insicurezza, tono dell’umore, capacità di relazionarsi con gli altri e senso della realtà. (Ok Salute)

Paroloni… sarà vero?

A che titolo parlo? Non sono un medico e neanche uno scienziato. Sono solo una ex consulente di comunicazione appassionata di media da 25 anni,  mamma di 3 adolescenti ed insegnante alla scuola media, ops scusate, scuola secondaria di primo grado (chissà chi è quell’esperto di comunicazione che ha deciso di chiamare in modo tanto complicato una cosa che aveva un nome chiaro e semplice, boh!)

Quello che voglio dire è che questo è il mio blog, non è una testata giornalistica, e qui racconto la mia esperienza personale, le mie ricerche e le mie riflessioni.

Social media: usare con cautela

Guardiamo un po’ di statistiche (fonte della fonte)

  • 4 ore di mobile al giorno
  • il 90% della popolazione possiede un telefono
  • abbiamo 3.5 device a testa
  • guardiamo 5 metri di contenuti al giorno
  • il 20% dei millennials apre il telefono 50 volte al giorno (fonte: www.themarketingfreaks.com)

Non credete anche voi che dati del genere meritino un po’ di attenzione e cautela? Non capisco come tanti genitori di bambini anche piccoli possano liquidare la questione con un “che posso farci, mio figlio non vive più senza e suoi amici hanno tutti il telefono!

Non è che siamo sciocchi o incapaci. Forse il motivo sta nel fatto che le scelte che facciamo non sono razionali anche se noi crediamo che sia cosi, semplicemente il fatto che i nostri figli stiano in compagnia dei loro telefoni ci dà un sollievo biochimico. Senti qua:

Come possiamo proteggerci?

Con la consapevolezza, con un lavoro sul nostro benessere, eliminando gli automatismi che ci gratificano..

Ma una buona notizia c’è

Mentre l’uso smodato è sempre da evitare, secondo una ricerca ancora sperimentale un uso moderato dei social media potrebbe avere effetti benefici sul cervello (State of Mind) sopratutto su soggetti con un disturbi del comportamento e schizofrenia.

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copertina_viveresemplice

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Di cosa parla il libro Vivere semplice


Scritto il 22 agosto 2018

Vivere Semplice il libro di Sabrina D'Orsi

Vivere semplice? Sembra un paradosso. Sono madre di 3 figli maschi: il più grande ha 16 anni, il più piccolo 8. Prima di avere figli avevo tanti interessi e una bella carriera ed ero ben poco interessata ai bambini. Poi è cambiato tutto.

La prova del 9: diventare genitore

Diventare madre è stato difficile: ero troppo perfezionista e ansiosa, volevo avere tutto sotto controllo ma sfuggiva sempre qualcosa. I bambini sembravano sempre agitati, urlavano e buttavano tutto all’aria. Vivere semplice non era certo fattibile, con queste bestioline in casa.

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Sapevo solo urlare, deprimermi e poi urlare ancora. Altro che Vivere semplice! Mi sentivo un’incapace. Ci tenevo cosi tanto a fare il mio meglio, ma la mia buona volontà non serviva a niente.

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Pensavo fosse colpa mia se i miei figli erano agitati e incontenibili.
Ed era un po’ vero, a dir la verità. Ma questo lo scoprii molto tempo dopo, quando imparai ad esercitarmi quotidianamente per centrare me stessa ed essere meno reattiva, per mettere ritmo, abitudini, consuetudini che hanno reso i bambini molto più sereni, calmi e centrati.

Liberi di giocare tranquilli senza bisogno di fare sempre capricci.

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Imparare ad essere le persone che vogliamo essere

Ecco da dove inizia la normalissima storia di una mamma insoddisfatta di sè che sente l’urgenza di imparare ad essere più efficace e paziente.

I nostri figli imparano da ciò che siamo

Loro imparano dalle nostre reazioni, da quella parte di noi che non controlliamo.

All’inizio è cosi difficile essere le persone che vogliamo, poi scopri che è una questione di volontà e di allenamento: è una sfida.

Una delle più belle della vita perchè alla fine ottieni un doppio risultato (e io adoro i risultati doppi): diventi una persona migliore e la relazione con i tuoi figli, come per magia, diventa armonica.

Dal mio cambiamento è scaturita accettazione e gratitudine per come sono e per il fatto di essere testimone della loro crescita.

E questa gratitudine sembra essere olio nel motore della famiglia, perchè tutti si rilassano e non c’è più bisogno di rivendicare, giudicare, accusare.

 

3 modi di creare relazioni più felici e profonde: ascolta l’intervista su Radio Cusano Campus

 

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Come averlo

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

 

Il libro si può ordinare i qualsiasi libreria o acquistare sul sito della casa editrice con Paypal  la tua copia arriverà entro pochi giorni fresca di stampa.

Il libro è su tutte le piattaforme online come Amazon, Feltrinelli e il Giardino dei Libri. Se hai bisogno di assistenza contatta la casa editrice via email naturaecultura@tiscali.it per ricevere info su altre modalità di pagamento.

 

Mettere in atto il cambiamento

Quello che nel concreto ho fatto per mettere in atto il cambiamento è stato

  • capire cosa conta davvero per me e farne una priorità
  • trovare uno stile di vita semplice, più vicino ai miei bisogni
  • liberarmi dalle opinioni degli altri
  • imparare a pesare le parole e a non usarle come armi contundenti.

A forza di cercare ho capito che per me era importante diventare un essere umano degno di essere imitato.

copertina_viveresemplice

Ritmi e Abitudini

Questo significa smettere di fare una serie di cose e cominciare a farne altre. Quanto è difficile cambiare lo sappiamo tutti, ma il segreto è partire dalle cose più umane e da quelle più quotidiane:

  • instaurare sane abitudini
  • creare dei ritmi di famiglia che ci aiutano a dare una forma alla quotidianità
  • smettere di lamentarsi, di criticare e di giudicare
  • imparare a sbagliare, non essere permalosi
  • mettersi alla prova e non smettere mai di imparare

Il cervello e i sensi del bambino

Perchè i bambini hanno bisogno di adulti cosi per crescere bene?

Nel libro parlo anche di come si sviluppa il cervello del bambino piccolo, di come le esperienze  influenzano l’apprendimento e di come accompagnare il maniera adeguata la crescita del bambino in base alle età evolutive che attraversa.

A partire dai primi mesi di vita fino all’incontro con i media e i social, per aiutarli a gestire la loro identità digitale senza rimanere schiacciati dall’abuso di tecnologia.

Vivere semplice con la scuola steineriana

Certo che parlo anche di scuola steineriana! E racconto alcuni episodi che mi hanno fatto innamorare di questa pedagogia non convenzionale e mi ha ispirato nuovi modi di affrontare le difficoltà.
L’obiettivo non è convincervi che la scuola è migliore di altre ma favorire idee e riflessioni nuove per chi non la conosce e di raccontare a chi la conosce il mio punto di vista su questo approccio educativo prezioso e peculiare, che tanto mi ha ispirato in questi anni.

foto di sabrina d'orsi - vivere semplice

Il libro si può ordinare i qualsiasi libreria o acquistare sul sito della casa editrice con Paypal  la tua copia arriverà entro pochi giorni fresca di stampa con un costo di spedizione di 3,50 euro.

Il libro è su tutte le piattaforme online come Amazon, Feltrinelli e Il Giardino dei Libri. Se hai bisogno di assistenza contatta la casa editrice via email naturaecultura@tiscali.it per ricevere info su altre modalità di pagamento.

 

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l'anonimato e l'autoregolazione del comportamento

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L’anonimato: un ottima occasione per…


Scritto il 18 gennaio 2017

Questa è la quarta puntata della recensione del libro geniale “Demenza Digitale” un libro che dovreste leggere per farvi un’idea più concreta del fatto che ben presto, sotto l’influsso di tutta questa tecnologia, invece di diventare più smart, più interattivi e multitasking diventeremo semplicemente più scemi e disadattati. L’autore sostiene questa posizione in modo meno polemico e più argomentato di quanto piace fare a me, ecco perchè mi sono la presa la briga di raccontarvelo. (le altre puntate le trovate in calce)

Sotto il potente veicolo dell’anonimato possiamo permetterci comportamenti criticabili senza subire conseguenze, senza il timore del controllo sociale: ecco perchè, aggiungo io, internet favorisce i comportamenti asociali, il bullismo e fomenta il terrorismo. 

Tutte le abilità dell’uomo sono il frutto dell’attività di determinate zone del cervello, per esempio la capacità di adattarsi alle situazioni sociali è regolata dall’attivazione della corteccia orbito-frontale, anche l’empatia sociale ovvero la capacità di immedesimarsi nel prossimo è frutto dell’attivazione della stessa area celebrale. Un’area le cui dimensioni sono connesse in modo direttamente proporzionale all’ampiezza della rete sociale reale di una persona. In pratica le dimensioni del tuo cervello variano a seconda delle dimensioni del gruppo di persone che frequenti. Non male no?

Ora parliamo di Facebook, la più diffusa e condivisa piattaforma di interazione sociale digitale. Occorre prima di tutto distinguere quanti anni hai: se hai più di 25 anni probabilmente tra le tue conoscenze online e gli amici reali c’è una stretta correlazione (hai tanti amici quanti amici virtuali o poco meno) ma tra i ragazzi più giovani esiste un rapporto negativo tra reti sociali e digitali: chi ha molti amici virtuali ne ha pochissimi in carne ed ossa perchè le amicizie su facebook vanno a detrimento di quelle reali anche solo per motivi di tempo (o ti dedichi ai primi o agli altri, il tempo non è mai molto). Ma non è possibile fare entrambe le cose?

Se sei già un adulto avrai avuto modo di coltivare i tuoi contatti nel mondo reale e potrai continuare a farlo anche sul web ma se sei troppo giovane questo tempo ti è mancato e la rete non potrà darti la stessa occasione: quelle esperienze che sono fondamentali per un sano sviluppo psicofisico, esperienze che possono essere fatte dal vero come la regolazione del comportamento sociale, vengono inibite dall’uso massiccio dei media digitali.

Ecco perchè occorre che i bambini e i ragazzi di tutte le età escano, vadano nel mondo, facciano sport, stiano insieme e tornino stanchi a casa senza tanta voglia di incollarsi agli schermi, o almeno senza il tempo di passarci 5 o 6 ore davanti. Per quanto mi riguarda poi sostegno che i ragazzi dovrebbero avere accesso ad internet sul telefonino solo dal wifi di casa o dai wifi che trovano in giro: troppo facile avere l’abbonamento all inclusive, per poter navigare su internet anche quando sono in classe, cosi gli facciamo un vero danno!

Altri articoli che parlano di Demenza Digitale

  1. Come tenere il cervello in allenamento (e perchè si modifica costantemente)
  2. Si può smettere di usare il cervello? Alcuni pensano che gli adulti del futuro saranno più stupidi di noi.
  3. Com-prendere la realtà per imparare
  4. Memorizzare nel cervello o archiviare nel cloud?

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meglio memorizzare o archiviare nel cloud?

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Memorizzare nel cervello o archiviare nel cloud?


Scritto il 30 agosto 2016

meglio memorizzare o archiviare nel cloud?
Continuando a parlare di memoria, cervello e bambini ci sono due tipi di azioni che difficilmente riusciamo a dimenticare:

  • le attività che non vengono portate a termine
  • le osservazioni o domande aperte che sollecitano una rielaborazione interiore.

Entrambe sono tecniche usate nella retorica e in pubblicità per mantenere alta l’attenzione: l’obiettivo è interrompere sul più bello e lasciare un implicito non detto.

Memorizzare nel cervello è fatica!

Anche il nostro cervello lavora cosi: è più utile cercare di ricordare qualcosa che non si ricorda (anche fallendo) piuttosto che archiviare un contenuto che si vorrebbe aver già introiettato. Esso finirà irreversibilmente nel dimenticatoio perchè quel semplice gesto di aver messo da parte fa dire al cervello: FATTO! Ho chiuso la faccenda, posso recuperare quando ne avrò bisogno, ora passiamo ad altro. Questo discorso vi fa venire in mente qualcosa? Per esempio tutte queste pagine internet che avete messo tra i preferiti cosi poi le leggerete… oppure quel pdf che avete messo su dropbox nella cartellina urgenti perchè prima o poi vi servirà…

Il cervello non ha attivato le procedure di memorizzazione le ha solo rimandate. A quando? Ci saremo ben presto dimenticati di averle dimenticate.

Per lo stesso motivo ciò che impariamo da uno scambio di idee su un forum o un consulto virtuale rimane molto meno impresso nella memoria che non se l’incontro avviene nella realtà. L’elaborazione è più superficiale meno governabile e il risultato non è sempre soddisfacente.

concentrazione

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  1. Come tenere il cervello in allenamento (e perchè si modifica costantemente)
  2. Si può smettere di usare il cervello? Alcuni pensano che gli adulti del futuro saranno più stupidi di noi.
  3. Com-prendere la realtà per imparare

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com-prendere per imparare

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Com-prendere la realtà per imparare


Scritto il 09 agosto 2016

com-prendere per imparare

Perchè la realtà è cosi importante per l’apprendimento? Il dottor. Spitzer nel suo libro Demenza digitale afferma che bisogna com-prendere con le mani per ricordare. Perchè?

Immaginate che il nostro cervello sia diviso in tre parti:

  • la prima si occupa delle percezioni (la vista in primis),
  • la seconda si occupa della pianificazione ed esecuzione motoria,
  • la terza pensa a tutto il resto.

Queste tre sfere sono connesse attraverso percorsi bidirezionali quindi le une hanno bisogno delle altre per istruirsi a vicenda. (è la mielina responsabile della comunicazione degli impulsi nervosi che viaggia ad una velocità che oscilla tra i 3 e i 120 metri al secondo)

Già agli inizia dell’800 il pedagogista svizzero Pestalozzi diceva che l’apprendimento si deve realizzare attraverso cuore, mente e mano. Oggi dagli studi svolti sappiamo che i bambini che hanno potuto giocare con le mani e soprattutto con le dita in seguito hanno presentato competenze matematiche più elevate.

Il motivo è che i numeri e le quantità astratte per poter entrare nel nostro cervello hanno bisogno di essere comprese con la funzione tattile, di essere quindi introiettate fisicamente, vissute con il corpo per esempio saltando la corda, battendo le mani o i piedi. Proprio come si è sempre fatto per imparare le conte e le tabelline!

Un altro punto fermo degli studi recenti dice che si imparano molto più velocemente i nomi degli oggetti se tali oggetti vengono manipolati perchè la manipolazione presenta un’attivazione precoce delle zone frontali motorie del cervello. Anche questo i bambini lo sanno da sempre, chissà perchè non li si lascia semplicemente fare, invece di ficcarli davanti alla tv.

Lasciate pasticciare i bambini

Provate ad andare in qualsiasi asilo nido cosiddetto “innovativo”, scoprirete che ultimamente hanno capito che i bambini da 0 a 3 anni hanno un fondamentale bisogno di usare i sensi di base quindi mordere, spiaccicare, pasticciare, manipolare e fare tutte quelle cose che noi adulti cerchiamo di evitare che facciano.

Perchè gli educatori non si mettono in testa che come si faceva una volta aveva un profondo senso e bisognerebbe continuare a farlo? Chi innova nella scuola dovrebbe conoscere il bambino nella sua essenza e studiare come funziona il cervello. In famiglia recuperare un po’ di buon senso sarebbe sufficiente!

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Si può smettere di usare il cervello? Alcuni pensano che gli adulti del futuro saranno più stupidi di noi.

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Si può smettere di usare il cervello?

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Si può smettere di usare il cervello?


Scritto il 04 luglio 2015

Ho letto un libro fantastico, geniale, che spiega nei dettagli scientifici perchè i nostri figli che usano schermi, tablet e touchscreen già da piccoli a scuola e a casa saranno degli adulti più stupidi di noi. O almeno avranno smesso di usare il cervello come lo usiamo noi (che non vuol dire la stessa cosa, lo so!)

demenza digitale

I casi sono due: possiamo fidarci di ciò che non capiamo oppure capire perchè ci stiamo fidando troppo del futuro. Io opto per la seconda.

Demenza digitale è un libro autorevole e complesso ecco perchè sto preparando una serie di articoli che raccontano dall’inizio tutta la storia del come è cambiato il nostro modo di usare il cervello e quali sono gli effetti che gli esperti stanno osservando.  Abbiate un po’ di pazienza, vi darò tutti i dettagli e forse questa volta riesco a far riflettere anche i più scettici.
Manfred Spitzer dirige la clinica psichiatrica di Ulm in Germania. Negli ultimi anni di ricerche e riscontri sui pazienti il dottore ha cominciato a notare un aumento vertiginoso dei disturbi della memoria, dell’attenzione e della concentrazione, un appiattimento emotivo e una generale ottusità. E non parliamo di pazienti anziani ma di persone di tutte le età.
Tale quadro clinico è stato definito demenza.

Spitzer, studiando i cambiamenti celebrali connessi con la decadenza riscontrata, ha cominciato a chiedersi: perchè il declino di massa avviene proprio in questo periodo storico? C’è forse qualche relazione con l’uso massiccio dei media digitali?

Non è forse cambiato  il modo in cui ogni giorno impariamo nuove cose, ci teniamo informati e comunichiamo tra di noi?

L’esempio dei taxisti inglesi

ippocampoIl nostro cervello è un organo che non può fare a meno di imparare e che si modifica in modo permanente attraverso l’uso. Dal punto di vista evolutivo quindi utilizzare sempre più dei mezzi che esonerano il cervello dal memorizzare, riflettere e persino pensare non può che essere deleterio per il rendimento mentale.

Se usiamo il cervello quello cresce, fiorisce e si sviluppa sempre di più altrimenti accade il contrario. Facciamo un esempio: pensate che dotare i taxi tedeschi del segnale satellitare abbia contribuito a rendere più efficace il servizio, ridurre gli incidenti e gli ingorghi? No. La presenza del navigatore ha ulteriormente ridotto la capacità di orientarsi peggiorando la situazione. Vediamo perchè.

L’orientamento è una capacità preposta ad un’area particolare del cervello: l’ippocampo. Esso infatti deve costantemente collegare cose tra loro eventi, esperienze e contenuti della memoria a lungo termine: esattamente quel genere di attività che devono svolgere costantemente i taxisti che per passare l’esame abilitante alla professione devono dimostrare di conoscere le 25mila vie della città (Londra) senza utilizzare alcun supporto digitale. Essi secondo un recente studio sono risultati la categoria di lavoratori con un ippocampo più sviluppato della norma. Sarà forse un caso?

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  4. Megli memorizzare nel cervello o delegare a internet?
  5. L’anonimato: un’ottima occasione per …

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bambini e internet

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Avere le idee più chiare su bambini e internet


Scritto il 04 dicembre 2014

bambini e internet

Quando esce un libro che parla di bambini e media non resisto: devo leggerlo. Da esperta di comunicazione digitale sono interessata al rapporto tecnologie/bambini e ho una certa refrattarietà all’entusiasmo che vedo in alcuni genitori e maestri nei confronti della didattica digitale e dell’uso senza limiti di ogni schermo.

Perchè sono scettica?

Semplice: non è detto che perchè i bambini amano la tecnologia quella sia la cosa giusta per loro. I bambini amano più la tastiera della penna perchè la vedono usare agli adulti, perchè richiede meno sforzo (e per questo anche meno forza di volontà) ma non perchè è la cosa giusta. La cosa giusta per un essere umano in evoluzione non è uno schermo (secondo me).

i nuovi bambini - bambini e tecnologiaNon la pensa cosi Paolo Ferri, professore di Teoria e tecniche dei nuovi media della Facoltà di Scienza della Formazione di Milano-Bicocca e il fatto che sia un esperto mi rende la sua opinione interessante e da approfondire. Ecco perchè ho letto il suo ultimo libro, I nuovi bambini, come educare i figli all’uso delle tecnologie senza diffidenze e paure, ed. Bur ecco cosa dice:

  • dovremmo considerare il videogiochi non come una fonte di distrazione ma come una palestra per avvicinare i ragazzi ad un uso più consapevole e maturo delle opportunità offerte dalla tecnologia, oltre che un ottimo esercizio per le strategie di apprendimento

Sarebbe bellissimo fosse cosi, ma mi chiedo: perchè ai ragazzi piace solo stritolare, uccidere e sparare sui videogiochi (almeno i bambini che conosco io sono cosi. Forse frequento famiglie degenerate!).

Secondo me il motivo è che per loro la tecnologia non è un’opportunità di apprendimento, come vorremo noi adulti, è semplicemente un altro modo di giocare, più facile perchè devono sforzarsi meno di inventare qualcosa e dove possono credere di socializzare con mille persone senza sapere neanche cosa vuol dire questa parola.

  • i genitori hanno paura che l’eccesso di tecnologia possa ridurre la socialità dei bambini quando in realtà in ambito digitale il bambino socializza e aiuta il compagno meno competente.

Vero anche questo ma da genitore scettico dico che usare troppa tecnologia riduce le sue competenze analogiche più importanti di quelle digitali in questa fase della vita (e forse sempre). Per esempio: è giusto che i bambini usino un correttore ortografico?

L’intelligenza digitale

D’accordo con Ferri che è utile che i bambini sviluppino un’intelligenza digitale (sul come non è ancora chiaro). Concordo anche sul fatto che i media cognitivi (tablet, pc, internet) non siano media ipnotici come la tv e quindi presuppongano un uso proattivo e maggiore attenzione ma sinceramente non riesco ad essere entusiasta quanto lui.

Mancano dei tasselli…

Credo che ci sia tempo per passare le giornate davanti allo schermo: potranno farlo quando saranno più grandi.

Ora è più importante che facciano quelle cose che solo i bambini possono fare (perchè dovranno lavorare e non ne avranno la voglia): gavettoni, parkour, mille sport, guardare il soffitto, arrampicarsi sugli alberi e prendere le misure con la vita reale fatta di grazie e prego, scambi di sguardi ammiccanti, figuracce, pacche sulle spalle, rutti e scusa ho ruttato e tanto altro…

Questo libro mi ha dato molti spunti validi di riflessione, perchè anche dietro quell’ottimismo si trovano argomentazioni valide e di un certo spessore. Lo consiglio a tutte le persone che come me hanno bisogno di avere le idee più chiare su bambini e internet,  e anche eventualmente di scoprire che non sono d’accordo con l’autore.

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dattilografia per bambini

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Corso di dattilografia per bambini e adulti


Scritto il 09 luglio 2014

dattilografia per bambini

In un’epoca in cui sia grandi che bambini passano molto tempo al computer scrivere con tutte le dita delle mani sulla tastiera ti semplifica la vita!

Osservando i miei figli che cominciano ad avere diritto a qualche ora di computer a settimana ho scoperto che preferivano giocare al computer o guardare video su You tube. E mi sono chiesta il perchè.

Per loro era faticoso scrivere sulla tastiera, cercare ogni volta i tasti da premere, non sapere come correggere gli errori di battitura ecc…

Ho pensato: se potessero scrivere senza sforzo e senza guardare la tastiera forse potrebbero concentrarsi meglio sulle cose che vogliono cercare, guardare, leggere, scoprire…

Ho cercato online  un metodo per insegnare ai miei figli a scrivere sulla tastiera con 10 dita.
Su internet c’è moltissimo: giochi, esercizi e metodi. Cosi ho scritto un corso di dattilografia per bambini e adulti, raccogliendo e strutturando le risorse in rete e mettendo a frutto il metodo con cui ho imparato la dattilografia e la sto insegnando ai miei figli

corso in PDF: 6 euro

Corso di dattilografia per bambini e per adulti che scrivono come i bambini
Corso di dattilografia per bambini e per adulti che scrivono come i bambini
20 pagine, to do list, due settimane di esercitazioni, 5 ore di test e giochi, test finale di velocità per prendere per sempre possesso della tastiera e non pensarci più
€6.00

A chi serve questo corso?

Questo corso facile e divertente serve ai bambini che vogliono imparare a scrivere con dieci dita sulla  tastiera ma anche alle mamme e papà che usano tre dita come se avessero tre anni.  Siete per caso voi?

E non venite a dirmi che scrivete velocemente anche a modo vostro. Se non credete a quanto potreste migliorare provare a fare questo test di velocità di battitura: una volta imparato il sistema potrete arrivare facilmente a 400 caratteri al minuto con uno scarto di errore dell’1%. Figo no?

Come usare al meglio questo metodo con i bambini

Insieme al corso, lungo 22 pagine, c’è una to-do list che riassume gli argomenti per punti e che ti consiglio di tenere a portata di mano durante gli esercizi per avere accesso diretto a tutte le risorse che ti suggerisco. Tutto quello che ti serve è il questo corso in PDF e un computer.

Stampa leggi  e segui le istruzioni

In questo modo potrai trasmettere il corso ai tuoi figli come un gioco, senza neanche bisogno di dire loro quello che stanno per imparare. (Alcuni sfortunati bambini sono stati cosi tanto martellati a scuola con l’apprendimento che solo udire la parola IMPARARE gli fa venire la varicella.)

Allora sei pronto ad iniziare?

ATTENZIONE: questo corso utilizza un software in versione demo gratuita per fare gli esecizi disponibile online solo ai possessori di pc.

La dattilografia è utilissima una volta imparata si va velocissimi ed è possibile scrivere anche guardando fuori dalla finestra (quale regalo migliore per i nostri figli?).

Sostieni il mio impegno!

Compra il mio piccolo corso di dattilografia te lo offro ad un prezzo ridicolo. Lo faccio sull’onda di un entusiasmo che mi anima e del bisogno di capire come si può materialmente agire con i bambini, soprattutto con quelli con disturbi dell’apprendimento, che verranno sempre più dispensati dall’uso di carta e penna e messi davanti ad una tastiera.

corso in PDF: 6 euro

Corso di dattilografia per bambini e per adulti che scrivono come i bambini
Corso di dattilografia per bambini e per adulti che scrivono come i bambini
20 pagine, to do list, due settimane di esercitazioni, 5 ore di test e giochi, test finale di velocità per prendere per sempre possesso della tastiera e non pensarci più
€6.00

Non hai un conto paypall, scrivimi e ti manderò le coordinate per fare il pagamento. Il tuo corso verrà spedito direttamente nella tua casella email nell’arco di poche ore. Grazie

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photo credits: hi-res photos from Unsplash

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Senza tecnologia i ragazzi non possono più vivere


Scritto il 07 maggio 2014

photo credits: hi-res photos from Unsplash

Sempre più spesso si sente dire da chi ha figli grandicelli che è impossibile limitare la tecnologia in casa perché i ragazzi vogliono solo quella, si divertono solo con quella, non possono fare i compiti senza e sono soli, sconnessi dal mondo e senza amici se non hanno un telefonino con whatup.

Ah! Vorrei proprio fermarmi a ragionare con voi su questo tema.

Ammettiamo per un momento che tutto questo fosse vero: che danno faremmo ai nostri figli se li privassimo di qualcosa che è essenziale nel loro tempo?

Beh, quando ero ragazza i miei genitori mi hanno tolto una cosa essenziale: mi hanno proibito di andare a ballare e tornare alle tre di notte. Risultato? Io ci andavo lo stesso, ma invece di farlo tutti i venerdi lo facevo solo due volte l’anno, quando cambiamo nome, connotati e andavo a trovare la mia amica Cristina a Roma.

E per farlo dovevo farmi 600 km. Ed era epico. Ma non sono diventata un’asociale per questo. Anzi, ho fatto parecchio problem solving da allora e ho un ricordo fantastico di quelle serate.

Quello che voglio dire è che in realtà non gli togliamo niente, semmai gli diamo qualcosa! Anche se avere internet a 12 anni fosse essenziale, dargliene l’accesso tra qualche anno di sicuro non li farà rimanere indietro, non perderanno nulla di essenziale e si rimetteranno al passo in 2 minuti netti. Il danno non potremmo fare non sarebbe così grave. E cosa ci guadagneremmo noi e loro?

Cosa fa un ragazzo quando non naviga

I ragazzi che hanno dei limiti nell’uso della tecnologia hanno tempo in più per dormire e per vivere la loro vita offline, quella che noi abbiamo potuto sperimentare da ragazzi e che loro non conoscono più. Per esempio le seguenti impagabili cose:

  • avere la possibilità di chiacchierare con persone che la pensano diversamente, gente sorteggiata a caso e non proposta da un algoritmo di Google che valuta le affinità con te e con i tuoi amici
  • non avere l’urgenza di condividere via social quello che ti accade ma limitarti a godertela
  • non avere il dubbio che nessuno di ama solo perchè nessuno ti manda un sms o dice mi piace alle cose che condividi
  • non avere l’urgenza di correre a casa perchè il telefonino è scarico e senza di lui non vivi più
  • non avere bisogno di cambiare progetto ogni momento della giornata per adeguarti ai messaggi dei tuoi amici che ti invitano o che disdicono un invito
  • ecc… ecc..

Se solo resistiamo alla tentazione di accettare tutto quello che proviene dai loro umori (desideri indotti dagli amici o dalla pubblicità) o almeno scegliamo di limitare, metter qualche regola e dare qualche drizzata alla macchina che viaggia a mille forse non ce ne pentiremo per niente. O forse si, ma come amo dire sempre meglio rimorsi che rimpianti!

E’ tutta una questione di misura, come al solito. L’unico problema è che costa fatica.

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vivere semplice

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Com’è fatto il cervello di un bambino


Scritto il 27 aprile 2013

Mi è capitata tra le mani la spiegazione semplice, chiara e competetente di come è fatto il cervello di un bambino. Lei è una pediatra e ha tre figli. Il suo sito è un pozzo di saperi. Cosa gli serve per svilupparsi al meglio? Come e perchè alcuni stimoli lo aiutano meglio di altri a crescere in armonia. Allora ho pensato di tradurlo e metterlo giu in queste mie pagine che sono sempre più un luogo di silenziosa riflessione sullo stato dell’arte della mia famiglia.

Un bambino nasce con 10 miliardi di neuroni e passa i primi 3 anni della sua vita ad aggiungere miliardi di connessioni neurali per nutrire questi neuroni e renderli più efficaci e operativi.

Queste connessioni sono di vario tipo: quelle a ragnatela chiamate dendriti e altre più lunghe chiamate assoni che si estendono in tute le regioni del cervello.

Tanto per intenderci un bambino di 6 anni ha un cervello due terzi quello di un adulto ma ha dalle 5 alle 7 volte più connessioni tra neuroni di un bambino di 18 mesi o di un adulto (Pearce 1992).

Questo potenziali di massa dendritica viene perso per l’80 per cento verso i 10-11 anni: quello che non usiamo spesso o sempre lo perdiamo! Ma la plasticità del cervello fa si che anche l’adulto possa sviluppare nuove connessioni a costo di sforzi molto maggiori dei bambini pero’.

Verso quell’età interviene un enzima che dissolve per cosi dire le connessioni poco utilizzate.

Nel bambino in via di sviluppo c’è una progressione dello sviluppo del cervello da un cervello più primitivo (chiamato reptiliano o comunemente il cervello dell’azione) a quello limbico (quello dei sentimenti) fino al più avanzato, la neocorteccia (o cervello del pensiero).

Come si è organizzato per suddividersi i compiti di gestione della baracca… vi interessa? Ve lo spiego nella seconda parte

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Internet sta davvero cambiando i nostri cervelli?

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Internet sta davvero cambiando i nostri cervelli?


Scritto il 22 ottobre 2012

Mentre leggevo Internet ci rende pazzi? Ho seriamente pensato di chiudere battenti, spegnere la spina, dire addio a Vivere semplice, cambiare lavoro e lasciar perdere tutto. Devo confessarlo: sono dipendente da internet. Mi ritrovo in almeno due delle condizioni per cui si è ufficialmente considerati, in base alle ultime ricerche mediche e scientifiche, affetti da sindrome di dipendenza da internet.  Pare che dopo circa un ventennio di esposizione massiccia di un numero sempre crescente di persone a questa tecnologia si sia ora in grado di portare delle evidenze cliniche e scientifiche:

(photo courtesy of  craft-ish.tumblr.com/post/20872604971/oliphillips-travel-posters-for-lazy-people from pinterest)

internet

internet come la conosciamo oggi, ovvero portatile, sociale, accelerata e omnipervasiva, potrebbe renderci non solo più stupidi e soli, ma – cito, anche più depressi e ansioni, tendenti a disordini ossessivo- compulsivi e al disturbo da deficit di attenzione, e perfino psicotici.

Ecco i miei campanelli d’allarme:

  • vi è mai capitato di sentire il telefonino che vibra come se fosse arrivata un’email e invece non è vero? si tratta della “sindrome della vibrazione fantasma” ed è strettamente connessa al fatto che in ogni minuto della nostra vita ci aspettiamo ci ricevere l’email che ci cambierà la vita, o almeno quella che ci gratifica, ci fa star bene e per questo motivo arriviamo fino ad immaginarcela, se questa non arriva.
  • avete mai pensato che era ora di mangiarsi una bella tavoletta di cioccolato per premiarsi del bel lavoro appena finito costatoci circa 6 ore ininterrotte di lavoro sul computer o di ricerca spasmodica di qualcosa su internet, durante i quali non ci siamo alzati dalla scrivania neanche per mangiare o fare pipi? si, infatti sono sicura che sia vero che internet spinge a compotamente che sappaimo essere negativi e che ci rendono ansiosi, facendoci agire in modo compulsivo.

E’ il potenziale di gratificazioni a breve termine che ci frega di più: internet ci fa l’effetto cocaina proprio per questo. Ogni email potrebbe essere un’occasione sociale o professionale e quando controlliamo la posta e rispondiamo agli stimoli che riceviamo otteniamo una minigratificazione, un rapido rilascio di dopamina.

Inoltre chi naviga per tante ore al giorno (con la scusa del lavoro come me o anche se scuse come tanti) secondo un recente studio sulle anomalie strutturali della materia grigia vede il suo cervello modificarsi nel seguente modo: una riduzione dal 10 al 20 per cento nell’area del cervello responsabile della parola, della memoria, del controllo motorio, delle emozioni, dell’informazione sensoriale  e un aumento di cellule nevose che servono alla velocità, nelle aree preposte all’attenzione, al controllo e alle funzioni esecutive: stiamo diventando macchine che reagiscono velocemente ad impulsi, in pratica stiamo diventando delle macchine molto potenti.

La ADHD e gli altri problemi di attenzione e concentrazione stanno crescendo del 66 per cento nell’ultimo decennio, avete ancora dei dubbi sul fatto che i bambini dovrebbero stare lontani da internet come cerchiamo di tenerli alla larga da un precipizio?

C’è molto molto altro da dire sull’argomento, ma vi basti sapere che anche gli studiosi più ottimisti ed entusiasti stanno cambiando idea: come Sherry Turkle, famosa in passato per aver scritto libri favorevoli allo sviluppo di internet e guadagnandosi anche la copertina di Wired, oggi parla di persone tristi e stressate chiuse in un rapporto distopico con le loro macchine.

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I problemi del nativo digitale

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I problemi del nativo digitale


Scritto il 06 settembre 2012

Lo sapete già che i ragazzi hanno la corteggia pre-frontale ancora non completamente sviluppata, vero?  Bene, ora vi dico di più: l'ho letto sull'Huffington Post, la sezione parenting molto ben fatta anche se alcune volte ci scrivono delle mamme blogger davvero imbarazzanti. Ma di questo parliamo un'altra volta.

I ricercatori rilevano che negli ultimi anni si sta manifestando in maniera sempre più massiccia negli adolescenti una sindrome connessa all'uso dei telefonini.
Michelle Hackman, diciassettenne vincitrice della borsa di studio Intel per talenti, su progetti relativi alle scienze sociali, ha svolto una ricerca sui potenziali effetti assuefativi connessi all'uso del cellulare.
Per alcuni mesi Michelle ha messo in una stanza 150 studenti (uno per volta) alcuni con i loro cellulari e altri no. L'obiettivo era testare quello che succede quando un adolescente viene privato del suo cellulare.

zeno-fa-il-fuoco

Cosa ha scoperto? 

I ragazzi che erano sprovvisti di cellulare hanno manifestato un senso di straniamento, deprivazione e noia in una parola ASTINENZA.
Ma la cosa più grave è che la maggior parte di loro ha riportato una diminuzione della capacità di intrattenersi e di  interessarsi a qualsiasi altro stimolo proveniente dall'ambiente circostante.

In pratica, essendo il cellulare e le altre tecnologie come Ipad, wii e smartphone altamente e intrinsecamente stimolanti, in assenza di esse gli adolescenti si ritrovavano letteralmente "understimulated".Ecco come rappresenta lexipedia  il concetto di sotto-stimolazione: (lexipedia è un'applicazione web che permette di trovare sinonimi e contrari e di correlarli in maniera visiva)

Riflettendoci mi viene in mente che al concetto di understimulated brain si contrappone un altro concetto difficilmente traducibile in italiano: overwhelmed espressione che si usa per descrivere uno stato di oppressione data dalle troppe cose da fare.
Ricordate la decrescita felice?  Perchè il "troppo" rischia di schiacciarci, opprimerci, confonderci creando un disagio simile al suo opposto: la deprivazione.

bambini e cellulari

Questa sindrome in America  ha già un nome "nomophobia" (No Mobile-Phone Phobia ovvero "la paura di stare senza cellulare") e una percentuale di casistica agghiacciante: la popolazione tra i 18 e i 24 anni soffre di nomophobia nel 77 per cento dei casi mentre la fascia superiore (dai 25 ai 34 anni) ne è affetta SOLO  il 67 per cento.

Cosa possono fare i genitori?

Non lo so, ma vi chiedo di considerare questo: una ricerca inglese (svolta dalla Leapfrog, un'aziena produttrice di "giocattoli educativi digitali") afferma che in media i bambini al di sotto dei 10 anni passano gia quasi un'ora al giorno (58 minuti) usando varie forme di tecnologia . I due terzi di loro possiede già una macchina fotografica digitale o un device portatile. Il6 per cento un Ipad, il 16 per cento ha il computer personale e il 70 per cento naviga insieme ai genitori.

Voi (genitori di bambini piccoli) cosa avete intenzione di fare: stare a guardare? 

Ne parlo ancora su…

Ho scritto un articolo su l'argomento" Bambini e media" su KIDS settembre ottobre 2012 che potete trovare in edicola proprio in questi giorni, o che potete leggere in formato ridotto qui. Per non arrivare a svegliarvi una mattina e scoprire che i vostri figli adolescenti hanno un solo dio: il telefono, si possono prendere alcune precauzioni quando sono piccolo. Basta saperlo!!

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I sensi e l’educazione sensoriale


Scritto il 29 maggio 2007

Si parla molto di come e quanto stimolare i bambini per una sana crescita e lo sviluppo delle sue capacità cognitive, ma nel mondo digitale, di plastica e sterilizzato in cui viviamo la sana educazione dei sensi è ancora più importante che in passato. Parlo proprio di tatto, gusto, olfatto, della base della percezione umana, che viene quasi data per scontata.

Nella saggezza popolare l’espressione  avere buon gusto vuol dire qualcosa che con il gusto apparentemente non c’entra niente…. in realtà c’entra molto di più di quanto possiate immaginare, perchè sono proprio i 5 sensi gli elementi da cui partire per una sana educazione.

(CHI SI ACCINGE A LEGGERE QUESTO ARTICOLO SENZA AVER MAI SENTITO PARLARE DELLA PEDAGOGIA DI RUDOLF STEINER DOVREBBE PRIMA AVER LETTO I PRESUPPOSTI SU CUI CI BASIAMO. PUO’ FARLO BREVEMENTE QUI.)

Ma i sensi non erano 5?

Per Rudolf Steiner i sensi sono 12, suddivisi in 3 categorie. I quattro sensi inferiori, ovvero i sensi legati alla corporeità che sono: tatto, vita, movimento, l’equilibrio I quattro sensi intermedi, ovvero i sensi che governano gli aspetti legati all’anima: olfatto, gusto, vista, calore I quattro sensi superiori, detti anche sensi sociali, rivolti alla connessione dell’uomo alla sfera spirituale: udito, parola, persiero, senso dell’io.

Il senso del tatto

Il tatto è la sfera della percezione che mette in contatto i confini del nostro corpo con il mondo della materia. Ci fa sentire il nostro corpo per mezzo dell’avvicinarsi dei confini della nostra superficie corporea ad altri oggetti e per questo motivo viene erroneamente considerato il senso che ci permette di tastare gli oggetti circostanti. Il senso del tatto è pienamente formato a sette settimane di gestazione, quando il feto è lungo due centimetri. Ed è solo con la nascita (attraverso il passaggio del corpicino del bambino nel canale del parto in caso di parto naturale) che sperimentiamo tutta la nostra superficie corporea. L’esperienza della futura autonomia si coltiva con la cura del corpo nei primi anni di vita.

Attraverso il tatto sperimentiamo la differenza tra la distanzatatto e la vicinanza ovvero la polarità tra:

1. cura (che cosa se non la vicinanza alla madre è di sollievo per il bambino?) 2. abbandono (distanza o allontanamento dalla madre/fonte di sostentamento)

Infatti un bambino che ha ricevuto una sana educazione del senso del tatto, nel senso che è stato curato, ha potuto godere di un periodo prolungato accanto alla madre, è stato portato (vedi il continuum) nel corso dei suoi primi anni di vita svilupperà una grande sicurezza di sè.

Non a caso si usa dire anche “sostenere” un bambino nelle sue prime difficoltà, oppure si usano molte espressioni che hanno a che fare con la metafora del tatto, come per esempio dire “ci tengo” per intendere dare importantza a qualcosa o qualcuno. Parallelamente alla fiducia in sè, promossa da una corretta educazione al tatto nella prima infanzia, se viene curato anche l’aspetto dell’allontanamento, della distanza, dell’abbandono, si aiuta il bambino a svilupparetatto la fiducia nel mondo e nell’esistente. Una sana educazione all’addormentamento per esempio, dove la madre aiuta il bambino ad abbandonasi al sonno senza la paura di perdere il contatto con il mondo è importante per aiutare il bambino ad affidarsi alle sue capacità, a combattere da solo l’ansia che gli procura quel temporaneneo scollamento dalla realtà che è il dormire.

Il senso della vita

Se il senso del tatto mette in relazione il mondo esterno con i confini del nostro corpo, il senso della vita riguarda tutta l’esperienza corporea, si potrebbe dire il suo volume. Tutte le funzioni vitali del corpo umano sono affondate in una incoscienza di cui non abbiamo percezione ma quando qualcosa non funziona cominciamo a percepire sintomi che ci procurano un certo malessere. Si accende una spia, un dolore, un’allerta. Questa è una manifestazione del senso della vita a livello conscio, ovvero una modo per avvertirci che qualcosa all’interno del nostro corpo non funziona. Infatti il senso della vita riguarda il rapporto tra la nostra percezione e le funzioni vitali: la fame, la stanchezza sono indicatori dei nostri bisogni primari.

Se abbiamo una percezione cosciente delle funzioni dei nostri organi interni ci troviamo nella condizione in cui si esplicitano malattie quali tutte le malattie psicosomatiche o le psicosi in cui si manifesta chiaramente come il mondo esteriore del malato sia un capovolgimento del suo mondo interiore. L’ipocondriaco per esempio è una persona il cui senso della vita è stato lacerato, perchè in qualche modo le forze vitali degli organi interni sono state sottratte per essere impiegate in altro (per esempio nella precoce stimolazione della razionalità, vedi approfondimento ).

Attraverso il senso della vita percepiamo l’andamento alternato della nostra condizione di benessere e malessere che in una fase più avanzata della vita si trasforma in simpatia/antipatia ovvero in possibilità di accettare cose, persone, situazioni o al contrario di provarne repulsione. (c’è da precisare che Rudolf Steiner ha una visione olistica dell’organismo umano e quindi vede ogni singolo organo interno come collegato ad una capacità o possibilità dell’uomo stesso e in ogni organo si ritrovano i processi psichici. per esempio la pelle connessa al sistema nervoso, il sistema biliare connesso alla volontà, il fegato connesso al movimento (quindi per esempio le artrosi e tutti i fenomeno di ossa anchilosate sono disfunzioni del fegato, ecc… ma per rendere più chiaro questo sorprendente punto di vista occorrerebbe approfondire molto questo discorso e non è questa la sede). Il senso della vita accuratamente educato, dove il bambino viene lasciato vivere in un ambiente adatto a lui, dove la sua coscienza non viene continuamente richiamata e ridestata con domande e istigazioni alla scelta, al giudizio e all’uso delle facoltà razionali non ancora mature, contribuisce a sviluppare nell’adulto una sensibilità d’animo, una ricerca di armonia e un senso per la giudizia. Il senso della vita viene sviluppato attraverso un corretto ritmo di vita, un equilibrato rapporto tra vita attiva e vita contemplativa. Una corretta educazione del bambino agli aspetti che riguardano il senso della vita prepara i sensi superiori del bambino tra cui il senso del pensiero, governato dalla polarità verità/menzogna, presupposto per coltivare qualità come la gioia per il vero e il disprezzo per la menzogna. Il senso del pensiero è anche parte di quella capacità del bambino diventato ormai un giovane adulto di trasformare una materia di studio in cui si cimenta in vera a propria “facoltà” del pensiero (gia proprio come le come le facoltà universitarie), dove hanno origine i talenti dell’uomo.

I 12 sensi secondo Rudolf Steiner

Sensi di base (0-7 anni)

Tatto
Vita
Movimento
Equilibrio

Sensi mediani (7-14 anni)

Olfatto
Gusto
Vista
Calore

Sensi superiori (14-21 anni)

Udito
Linguaggio
Pensiero
Io dell’altro

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